AVVENTO: svegliarsi dal sonno e ripartire
Articolo di Anonimo Bergamasco
Si narra di quell’esploratore che, volendo raggiungere nel più breve tempo possibile la meta che si era prefissata, raduno i portatori e propose loro un patto: vi darò il doppio della paga prevista se accettate di fare delle marce forzate. Quelli accettarono e partirono. Ma quando erano ormai vicino alla meta si fermarono e deposero a terra i loro bagagli. L’esploratore li invitò a ripartire promettendo loro un ulteriore ricompensa, ma nulla valse a convincerli. Alle istanze dell’esploratore risposero: noi dobbiamo rimanere qui in attesa di essere raggiunti dalle nostre anime.
Noi siamo come questi portatori a cui per tutta la vita viene chiesto di fare delle marce forzate, riducendo al minimo le soste per non perdere tempo. Ma a forza di correre lasciamo per strada le cose che contano, quelle che danno senso, perdiamo la nostra identità. Anche noi come questi portatori dobbiamo avere il coraggio di fermarci per aspettare di essere raggiunti dalle nostre anime.
Ricongiungersi con la propria anima, secondo il concetto biblico di anima, significa ricongiungersi con la vita. Riprenderci la vita, quella che continuamente cercano di rubarci e che noi stessi abbandoniamo per inseguire altri valori; riprenderci il tempo non lasciarci prendere dal tempo, per riscoprire il gusto della vita.
Arrivati al termine di un percorso, se siamo onesti dovremmo sentire la necessità di dire grazie, grazie agli “angeli del Signore”, che non sono quegli esseri invisibili che la nostra fantasia ha cercato di immaginare, ma sono quelle persone concrete che ci hanno preso per mano e che a volte ci hanno preso in braccio, ci hanno caricato sulle loro spalle perché noi da soli non ce l’avremmo fatta. Hanno le sembianze dell’unico angelo di Dio, Cristo Gesù; hanno il suo stesso sguardo e la sua premura, i suoi sentimenti di compassione, il suo messaggio di speranza, la sua passione per la giustizia e la pace, le sue parole di perdono… Tutte le persone che ci hanno aiutato nel cammino del bene, tutti coloro che ci hanno aiutato a capire e a realizzare il progetto della nostra vita, sono “angeli del Signore”.
Ci sono degli interrogativi che ogni tanto dovremmo avere il coraggio di porci: chi sono? da dove vengo? dove sto andando? (non tanto come luogo geografico, ma come situazione di vita).
Quando ripercorriamo le tappe della nostra vita, sei il cammino è stato faticoso e pieno di imprevisti, spesso ci viene la tentazione di lasciarci prendere dalla stanchezza, dalla paura e dalla rassegnazione. Ci passa la voglia di ricominciare. Ripartire è bello, ma a volte ci fa paura perché non sappiamo che cosa ci riserva il domani.
La vita ci fa vedere soltanto un po’ di futuro, appena quello che ci basta per fare il prossimo passo. Se si ha paura e non ci si muove non si riuscirà a vedere altro. Ma se si avanza con quella poca luce che si ha, la luce ci mostrerà il cammino passo per passo.
In una sala di attesa veniva chiesto ad un anziano di lasciar passare avanti i giovani perché di sicuro alla sua età non poteva avere cose urgenti da fare. Il vecchietto rispose: “Ho novant’anni e per questo non mi posso permettere di sprecare anche un solo minuto del tempo prezioso che mi resta da vivere”.
Ogni giorno è un regalo, presente, prezioso da vivere e da condividere.
È meglio camminare pieni di speranza che arrivare. Arrivare è l’immobilità, è la morte; una cosa che non deve mai accadere al cuore, qualsiasi cosa il corpo possa fare. Ma allora non è mai finita… Questa è la speranza: non mettere mai la parola fine sulla vita. Guardare avanti, ritrovare ogni giorno il coraggio di ripartire, di dire ogni giorno “sì” alla vita.