Prendersi costante cura di ogni fragilità umana e sociale
porta allo sviluppo di una sensibilità
che diventa cultura e percorso che porta alla pace duratura.
Da più di cinquant’anni la Chiesa ha istituito la giornata mondiale della pace e l’ha posta al primo giorno dell’anno. Ha inteso riempire di significato l’augurio di Buon Anno, per non lasciarlo svanire in una generica espressione di convenienza. Accompagna l’augurio con un messaggio sulla pace, dono più che mai prezioso e necessario per vivere nella serenità il tempo che ci viene donato. Siamo consapevoli infatti quanto sia difficile vivere nella pace. Esiste una naturale spinta alla divisione e, purtroppo, lo constatiamo quotidianamente. Nel nostro contesto e in molte parti del mondo ci sono contrapposizioni, anche armate, che provocano sofferenza. E tutte sono causate dall’egoismo.
La pace è un dovere di tutti, a partire da noi stessi. Se non siamo in pace nel nostro intimo, viviamo in sofferenza e comunichiamo tensione e antagonismo. Ci dobbiamo perciò sentire chiamati a stare nella pace per poterla diffondere. Se tutti coltiviamo questo impegno, è facile costruire una sensibilità sul tema e diffonderla a cerchi sempre più ampi. Costruire una cultura di pace porta a opporsi ad ogni forma di violenza. Sarà più facile allora l’accordo tra le persone e tra le nazioni per mantenere e rafforzare la pacifica convivenza. Il mondo ha bisogno di costruttori di pace.
È interessante vedere come il Vangelo sia pervaso di messaggi di pace a partire dalla nascita di Gesù fino alla sua risurrezione. Ai pastori, gli Angeli cantano “pace in terra agli uomini che Dio ama” (Lc 2,14) e Gesù risorto si presenta agli apostoli con il saluto della pace (Gv 20,19). Gesù ha sempre portato alla singola persona e alle folle gesti e parole di serenità e di pacificazione interiore e esterna.
Noi che viviamo nella pienezza del mistero della salvezza non possiamo non sentirci avvolti dall’intento di pace voluta da Dio e portata da Cristo. La sua risurrezione ha definitivamente ristabilito la pace tra cielo e terra, ha tolto la separazione provocata dal peccato e ha rimesso in piena sintonia con Dio. Cristo, ci ricorda S. Paolo, è la nostra pace, colui che ha tolto l’inimicizia.
Il messaggio che Papa Francesco ha offerto anche quest’anno alla Chiesa in occasione della giornata mondiale della pace del primo gennaio ha come tema “la cultura della cura come percorso della pace”. L’idea di fondo, ripetuta con riferimenti diversi, dice che per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente, si richiede di sviluppare la cultura della cura. Cosa significa? Ricordare che Dio ha sempre avuto cura per ogni uomo e a tutti chiede reciproca sollecitudine. Per cui l’attenzione all’altro deve entrare nel profondo del vissuto personale e sociale così da diventare cultura.
All’inizio della sua vita pubblica, Gesù prende consapevolezza che Dio lo ha consacrato e «mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Nel suo agire quotidiano egli si avvicina ai malati nel corpo e nello spirito e li guarisce; perdona i peccatori e dona loro una vita nuova; è il Buon Pastore che si prende cura delle pecore (cfr Gv 10,11-18; Ez 34,1-31); è il Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si prende cura di lui (cfr Lc 10,30-37). Al culmine della sua missione, Gesù suggella la sua cura per noi offrendosi sulla croce e liberandoci dalla schiavitù del peccato e della morte.
Siamo invitati a entrare nel mondo della cultura che cura e diffonde pace, che recupera quanto agli occhi del mondo è scarto, che coglie la ricchezza presente in ogni persona e la valorizza. Saremo diffusori e costruttori di pace, vivendo la beatitudine proclamata da Gesù (Mt. 5,9).
