Dentro le prove

da | 16 Luglio 2021 | Spiritualità dehoniana

Non c’è esistenza che non subisca le prove.
Sembrano un ostacolo, in realtà favoriscono la crescita umana e spirituale.
Anche il cammino di santità, forse con più intensità, è costellato di fatiche e dolori.
La motivazione di fede aiuta a integrarle nel proprio vissuto.

Le prove fanno parte della vita. Sono come il fuoco che fonde e plasma (1Pt 6-7). Se ben vissute, rafforzano. Il cristiano le rapporta a Gesù, che le ha vissute nella sua carne, e da lui coglie l’esemplarità per come affrontarle.
Le prove sono come la cartina al tornasole: fanno emergere la consistenza della personalità e l’orientamento valoriale. Nel contempo provocano, con duplice esito: fanno crescere o bloccano, aprono ad un senso o chiudono nella rassegnazione, introducono nella complessità della vita o incattiviscono e scoraggiano.
Non esimono dalla sofferenza, anzi, soprattutto se questa è causata ingiustamente. Le prove toccano il fisico e lo spirito. Se è difficile far fronte alle sofferenze fisiche, ancor più a quelle morali, soprattutto se intrise di doppiezza, cattiveria, ingiustizia. Anche quelle spirituali portano il loro carico.

Gioie e dolori

Dehon ha vissuto la prima parte dell’esistenza abbastanza esente da dure prove. Ha goduto di un ambiente familiare sereno, di condizione economica benestante, di successo scolastico, di positivo inserimento sociale. Ha sofferto di una certa precarietà di salute e della fatica propria della fase adolescenziale. Valuta questo periodo come un tempo fortunato, carico di ‘grazie’ che lo hanno favorito e gli hanno procurato gioia.
Le grandi prove sono arrivate nel pieno dell’attività sacerdotale. Non parliamo delle normali fatiche apostoliche e relazionali, ma di inconvenienti imprevisti e di spessore.

La soppressione

Dehon, dopo tante titubanze, si è deciso a dar vita a un suo Istituto. L’ha titolato Oblati del Cuore di Gesù, in sintonia con la sensibilità spirituale in cui è maturato: l’oblazione, l’offerta di sé, tutto in risposta d’amore all’amore di Cristo. È giunto a formulare le Costituzioni e a farle giungere a Roma per l’approvazione. Aveva accentuato l’aspetto vittimale, e questo era a rischio. Purtroppo nella documentazione una mano indiscreta aveva inserito testi dai toni spiritualmente compromettenti. La risposta di Roma fu il “decreto di soppressione degli Oblati”.
La reazione di p. Dehon è stata di grande sofferenza, ma non di ribellione. Ha dialogato con il suo vescovo e ha chiesto il chiarimento con Roma. Da quanto si trova nei suoi appunti, si coglie la grandezza umana e spirituale dell’uomo. Così ha scritto al suo vescovo: :

«Sa che ho fondato l’istituto degli Oblati del Cuore di Gesù col solo intento di fare la volontà di Dio e di procurare la sua gloria… Nostro Signore mi chiede ora di distruggere ciò che mi ha chiesto di costruire. Non posso avere, neppure per un attimo, l’idea di resistere. Sarebbe mille volte insensato. Non posso dire altro che il mio fiat! Voi già sapete quanto mi sia doloroso. La morte lo sarebbe cento volte meno… Tutto è fatto a pezzi e distrutto: l’onore, le risorse economiche impegnate, le speranze e molte altre cose che non posso dire. Ma che cos’è tutto questo? Quello che mi tortura più di tutto è un pensiero, al quale non mi posso sottrarre: nostro Signore ha voluto quest’opera, io l’ho fatta fallire con le mie infedeltà. Non voglio vedere in questo solo la perdita delle più grandi grazie, ma soprattutto i disegni di Dio ostacolati e la gloria che egli attendeva non realizzata a causa delle mie colpe. Questa è la sofferenza che nulla può lenire… Ora, Monsignore, rimetto tutto nelle vostre mani… Farò tutto ciò che vostra eccellenza mi ordinerà in nome della santa chiesa, nell’ora in cui vorrà».

L’inconveniente è stato chiarito e l’Istituto è ripartito con altra denominazione: Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù.
Da tanta sofferenza p. Dehon ne è uscito rafforzato. La sua azione non ha perso di dinamicità, anzi. Ha testimoniato nel vissuto un aspetto fondamentale del carisma dehoniano: l’abbandono alla volontà di Dio, la disponibilità totale: l’Eccomi!

 

 

La fusione

Il nuovo Istituto di p. Dehon ha avuto uno sviluppo iniziale lento e inevitabili difficoltà. Il vescovo pensa di fonderlo con uno più antico e di affidare il Collegio ad altra gestione. P. Dehon si trova frastornato. Non capisce questa decisione. Cerca spiegazioni, prova a far recedere il vescovo. Non mette in atto contestazioni clamorose; pone la sua fiducia in Dio. Due estratti di lettere fanno capire la sua statura spirituale:

«È la crocifissione. È la rovina di ogni cosa. Mi applico a portare con gioia questa croce suprema. Grazie, mio Gesù, della grande grazia che mi fai, di soffrire con te e per te. Quest’ordine oltrepassa ogni misura: è inapplicabile e duro nella forma. Ma ciò lo rende prezioso… Ho creduto di fare la volontà di Dio fondando quest’opera, sono pronto a distruggerla, se nostro Signore lo domanda».

L’Istituto era passato di diritto pontificio e il vescovo agiva in modo improprio. P. Dehon avrebbe potuto contestarlo ricorrendo a Roma. Pazienta e dialoga. Passeranno alcuni anni di tensione intima, ma alla fine ha la gioia di superare la prova.

La calunnia

Il fiore all’occhiello di P. Dehon era il Collegio San Giovanni, realizzato in toto da lui, gestito con i suoi primi religiosi, portato a un livello di buon funzionamento.
Viene a costituire la terza grande prova, quella più delicata a livello morale. P. Dehon è accusato di un comportamento improprio su un alunno, che verrà poi smentito dallo stesso interessato. Nel frattempo le voci di corridoio si diffondono e diventano scandalo. In processo, p. Dehon viene riconosciuto innocente, ma la ‘prudenza’ suggerisce l’allontanamento dalla diocesi.
Anche in questo caso, p. Dehon obbedisce, rischiando di passare per colpevole, anche se sa che è tutto frutto di invidie. Annota:

«Prove e inquietudini. Il demonio solleva contro le nostre opere un uragano di critiche, di accuse, di calunnie. Delle difettosità reali vi hanno dato occasione».

Trova la forza di cambiare luogo, di staccarsi dal Collegio e di dedicarsi alla conduzione dell’Istituto. Lo troviamo con energica forza interiore e rafforzata motivazione a continuare.

 La prova interna

Innestata nelle difficoltà precedenti si sviluppa anche la tensione all’interno dell’istituto. Esso è formato da sacerdoti provenienti da diocesi diverse, non ancora da un cammino di formazione specifica, per cui emergono personalità, sensibilità, progettualità diversificate. I contrasti convergono sulla figura del fondatore, che diventa il capro espiatorio. Colgono la sua bontà d’animo come segno di debolezza e ne approfittano per gestire un loro spazio di azione anche nell’orientamento carismatico dell’istituto.
Il punto culmine si ha nel quarto capitolo generale in cui si tenta la destituzione di p. Dehon dalla carica di superiore generale. Quali le accuse?  Reclutamento troppo affrettato e facile, formazione incompleta, troppe opere e, per di più, disparate… Da qui, dispersione di forze, affrettata formazione, affievolimento della disciplina…
Il progetto non ha successo e p. Dehon viene riconfermato superiore generale. Ha il coraggio di continuare il cammino sapendo di non godere la stima di tutti. La forza gli viene dalla consapevolezza di fare tutto senza secondi fini, per la gloria di Dio, consapevole dei suoi limiti e difetti.
La bontà di p. Dehon ha impedito la scissione. Agisce cercando di rispettare e motivare tutti, con la speranza e la sofferenza nel cuore:

«Nostro Signore lo permette e io l’accetto per espiazione delle mie colpe. Ne soffro il martirio per qualche tempo, poi si attenua. Che la volontà di Dio sia fatta».

 La santità nella prova

La grandezza dei santi non consiste tanto in ciò che hanno realizzato, ma nel come lo hanno fatto. Di tutti si legge che hanno passato prove durissime, che tutti le hanno affrontate in ottica di fede. Non significa che si sono rassegnati, ma che le hanno interpretate oltre l’apparente e la logica del mondo.
Hanno saputo stare dentro il vissuto, hanno lottato nelle modalità ritenute appropriate, hanno dimostrato fortezza d’animo. Ma tutto hanno incastonato alla luce dei valori evangelici. Avevano la consapevolezza che il Signore avrebbe scritto diritto anche su righe storte. Hanno saputo attendere, saggi del detto: “il tempo è galantuomo”.
Dehon ha agito – soprattutto dentro le prove – alla luce dei valori portanti del carisma ricevuto: la piena fiducia in Dio, l’abbandono in lui, l’intento di creare unità, lo spirito di riparazione, l’amore per la Chiesa, l’impegno per diffondere il regno di Cristo nelle anime e nelle società.

Argomenti: Dehon
Share This