Faccio la mia parte

da | 9 Luglio 2021 | Spiritualità nel quotidiano

Il bene comune
è la somma del bene che ognuno compie con responsabilità
consapevole di far parte del mondo.

Dice un proverbio: «Pulisci davanti all’uscio di casa tua e tutta la città sarà pulita». Come tutti i detti popolari, anche questo racchiude una sapienza trasversale e molto concreta. L’apporto di ciascuno, nel suo piccolo, permette di avere risultati grandi. Demandare invece la responsabilità ad altri, e farlo abitualmente, deresponsabilizza e penalizza. La tendenza è sempre quella di chiamarsi fuori: «Non spetta a me, è compito di… (comune, governo, chiesa…)».
Questo modo di pensare giustifica la propria pigrizia e chiude l’orizzonte entro il proprio tornaconto. Porta anche ad assumere gesti di disinteresse, che sfociano nella maleducazione. Oggi sono sempre più abituali e giustificati in nome di una presunta libertà di azione: «Sono libero di fare quello che voglio! libero di buttare per terra il mozzicone di sigaretta, le cartacce, le lattine, la plastica…». Il ragionamento implicito è: «Qualcuno ci penserà!», dimenticando la propria responsabilità in favore del bene comune.

I care

Questo slogan è risultato vincente per Barack Obama nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Non è stato solo un motto indovinato, ma un valore che lo ha motivato e ha toccato la sensibilità delle persone. Dire pubblicamente di avere a cuore il bene altrui rivela l’animo della persona e movimenta un sentimento positivo nei suoi confronti.

A parte i vantaggi politici ottenuti, Obama ha capito di poter fare la sua parte assumendosi un compito di alta responsabilità, un atteggiamento di pieno coinvolgimento nelle problematiche di una grande nazione e di interessamento ai bisogni delle persone.

Maturare al «mi sta a cuore», «mi importa» è segno di crescita nell’assunzione di responsabilità verso le persone e le situazioni della vita. Don Milani, che lo aveva scritto sulla porta che dall’aula scolastica immetteva nella sua camera, voleva sviluppare nei ragazzi, e ricordare sempre a se stesso, il compito principale che la vita chiede: pensare al bene altrui, dimenticare se stessi per il bene comune, investire le migliori energie nella vocazione a cui siamo chiamati: l’altruismo. Il contrario chiude nel proprio guscio, lascia nell’immaturità e porta a ragionare in termini di «penso ai fatti miei».

Siamo chiamati ad assumere uno spirito di responsabilità verso le realtà in cui siamo immersi: “casa propria” e “casa comune”: il nostro mondo.

Ognuno la sua parte.

Viene spontaneo il riferimento alla parabola evangelica dei talenti (Mt 25,14-30). Essi sono affidati in modo differenziato a ciascun servo, secondo le capacità di ciascuno. Al rientro dal viaggio, il padrone vuole «regolare i conti» con ciascun servitore. Ne trova due che hanno moltiplicato i talenti con il loro lavoro. Li loda, dona loro autorità, in proporzione del lavoro svolto, e li fa partecipi della sua gioia. Al contrario, il terzo riconsegna il talento ricevuto, pago di averlo conservato, accusando il padrone di essere duro. Viene privato di esso e posto in condizione di condanna. 
Gesù fa capire l’importanza di assumersi la responsabilità delle doti di natura e di grazia ricevute. Sono una consegna che rimanda a un compito da assolvere. Vanno sviluppate per realizzare una finalità costruttiva per sé e per il bene di tutti. È dall’intreccio di queste qualità che si ricava un ordito che diventa stoffa di pregio da cui ricavare prodotti di comune vantaggio.
L’ignavia e il disinteresse lasciano tutto stagnante, impediscono una crescita condivisa, frutto dell’apporto di tutti, e condizionano negativamente.

Dal poco al molto

Per raggiungere traguardi importanti e soddisfacenti, il primo passo inizia sempre dalla responsabilizzazione personale: faccio la mia parte, mi sento coinvolto nel fare quello che posso e devo.
Comprendo che prima di salvare il globo, sono chiamato a intervenire sul mio piccolo mondo: tenere in ordine il mio vissuto, coltivare il mio ‘orticello’. Mi rendo conto che la cura di me si dilata alla realtà che mi circonda.
Faccio mio il cammino della gradualità, mi educo a vedere più in là del mio naso. Vedo, così, crescere in me la consapevolezza del bene comune, di essere dono per gli altri. Colgo il bisogno del ‘prendersi cura’.
Maturerò alla sana sapienza che mi porta “dall’agire locale e al pensare globale”. Mi indignerò di fronte alle distese di plastica in mare e alle sporcizie lasciate sulle spiagge, ma raccoglierò la cartaccia buttata per terra. Non mi limiterò a fare considerazioni allarmanti e predizioni apocalittiche, senza prendermi cura dell’ambiente in cui abito.
Nessuno mi esenta nel fare la mia parte, perché io stesso non l’accetto. Comprendo sempre di più l’importanza di lasciarmi coinvolgere, perché comprendo che anche il mio apporto è prezioso. Il vero amore snida dalle pigrizie e si lascia coinvolgere positivamente.

Argomenti:
Share This