Un’esistenza mortificata dalla paura è triste.
Imparare a proporsi con una certa audacia fa sentire più liberi e autentici,
capaci di rapportarsi senza sentimenti di inferiorità.
«Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare». Con queste parole, don Abbondio de I promessi sposi giustifica la sua paura e neghittosità di fronte al Cardinale Federico. Il nobile e prepotente don Rodrigo l’ha fatto recedere dal maritare Lucia e Renzo. Meglio non provocare il cane che ringhia, ha pensato il curato.
Sappiamo che il Manzoni chiosa la frase del parroco, per mettere in risalto l’ignavia di un uomo che per il quieto vivere non assume le proprie responsabilità. In realtà il coraggio uno lo può trovare, se è supportato da valide motivazioni, dal senso del dovere e sa accettare un margine di rischio.
La prima condizione è di credere di più in se stessi, nelle proprie potenzialità positive, nel fare appello a chi può dare un sostegno. Un margine di insicurezza è inevitabile, ma essa non deve oscurare tutto l’orizzonte. Il rischio è un passo necessario per uscire dal proprio guscio di paura e per stare dentro il vissuto.
Fragilità riconosciuta
Sentirsi timorosi è normale, soprattutto di fronte alle situazioni impreviste o cariche di responsabilità. Riconoscere la propria fragilità è accogliere la verità su se stessi. È importante però riuscire a cogliere le radici del poco coraggio. Certamente la più radicata è quella di “fare la brutta figura”, di esporsi al giudizio degli altri. È realista il detto “ne uccide più la paura di perdere la faccia, che la spada”. Il possibile giudizio negativo altrui ci espone alla vergogna, per cui è meglio evitarlo. Questo timore alimenta l’insicurezza e toglie sempre più energia al coraggio.
La domanda da porsi è: «Perché ritengo così importante il giudizio degli altri? Non è più importante essere me stesso?». La risposta da darsi deve essere: «Certamente tengo conto anche del parere altrui, ma non lo antepongo a tutto. Il primo riferimento sono io stesso, ciò che ritengo giusto dopo ponderata valutazione, la mia coscienza. Diversamente rischio di privarmi di una sana autovalutazione e di divenire dipendente da tutto e da tutti, con la conseguenza di rendermi sempre più esposto all’insicurezza».
Crescita nell’autostima
La fiducia di fondo in se stessi è fondamentale, per non vivere sempre nell’indecisione e sotto la mannaia del giudizio altri. Le condizioni per crescere in autostima sono la semplicità e il ridimensionamento dell’altro.
Semplicità significa non caricare emotivamente più del dovuto le situazioni che si vivono, affrontarle senza elaborazione fantastica deformante. La normalità del vissuto è nelle possibilità di tutti. Ogni esagerazione emotiva lo complica facendolo percepire inaffrontabile.
La semplicità non va confusa con l’ingenuità o la superficialità, ma va intesa come ‘assenza di secondi fini’, di ‘trasparenza del cuore’, di ‘affidamento’ a se stessi e agli altri.
Anche le persone estranee vanno guardate con occhi più semplici. Non sono ‘corvi’ pronti ad aggredire, a svalutare, ad approfittarsene; sono fratelli/sorelle toccati anch’essi da fragilità come me, come tutti.
Ci renderemo conto che anche loro sono toccati da paure, da carenza di coraggio. Ci sentiremo alleviati, perché avremo compreso che gli altri siamo noi stessi. Tutti siamo attraversati dall’emotività che porta a reazioni diversificate. Se una persona è coraggiosa non significa che non abbia paura, ma semplicemente che non si lascia condizionare da questa oltre il dovuto.
Presenze rassicuranti
Con l’assunzione della semplicità e del ridimensionamento altrui, la prospettiva viene modificata: le presenze perdono la valenza minacciosa e assumono quella della relazionalità positiva. Aumenta la sicurezza interiore e la forza di affrontare le situazioni come si presentano. Cresce pure il modo di sentire l’insieme come somma di presenze rassicuranti che rafforzano il proprio sentire interiore e il modo di proporsi. Cala il percepire timoroso e aumenta quello fiducioso. La paura si attenua e subentra gradualmente il coraggio. Questo sviluppa l’ottimismo da cui ne deriva serenità e gioia.
Riferimento prezioso
Mi piace indicare Gesù come persona rassicurante. La sua posizione di Maestro poteva incutere timore, seppur reverenziale. Soprattutto certe situazioni straordinarie, come la sua risurrezione, hanno inizialmente provocato timore, paura, sconcerto. Gesù ha colto queste reazioni e ha cercato di rasserenare. Lo sentiamo sovente usare l’incoraggiamento e presentarsi con il saluto della pace. Gli sta a cuore essere riconosciuto e accolto come fratello tra fratelli, seppur sempre come “il Maestro”.
Quando si presenta ai discepoli camminando sulle acque, consapevole del loro spavento, dice loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura» (Mc 6,50). Al paralitico steso sul letto, si rivolge con parole rassicuranti: «Coraggio, figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati» (Mt 9,2). Così pure alla donna che aveva perdite di sangue da dodici anni: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha salvata» (Mt 9,22).
Di fronte alla prospettiva della sua passione, riserva il momento consolante della trasfigurazione (Mt 17,1-8), e prevedendo il disorientamento che avrebbero vissuto i discepoli, li rassicura: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14, 1); «Non vi lascerò orfani, ritornerò a voi» (Gv 14,18); «Io pregherò il Padre ed egli di darà un altro Consolatore perché rimanga con voi sempre» (Gv 14, 16); «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14, 27).
E pensando alle difficoltà che i discepoli avrebbero incontrato nel mondo, sostiene il loro scoramento: «Coraggio: io ho vinto il mondo» (Gv 16,33); «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Anche a Paolo, Cristo appare di notte e dice di continuare a essere coraggioso: «Non avere paura, continua a parlare e non tacere» (At 18,9).
Gesù continua lo stile rassicurante già presente nella Bibbia, che è attraversata da questo invito a superare i propri timori, soprattutto quando viene affidata una missione particolare. Il Signore non pretende che le persone siano supereroi, ma che si affidino e movimentino in sé il potenziale di energie positive che hanno in loro. È triste rinunciare ad esporsi al rischio per sola paura, perché si perde opportunità preziose per crescere umanamente e spiritualmente, e non si investono le proprie risorse per il bene comune.
Il valore del coraggio
«Senza coraggio non è possibile ottimismo e senza ottimismo non è possibile la felicità. Quindi il coraggio è fondamentale. Ma chi ce lo insegna oggi il coraggio? Non certo l’epoca in cui viviamo che manca di certezze e dove l’ansia regna incontrastata. Ma senza coraggio non si vive, non si possono fare progetti. Il coraggio va insegnato e trasmesso. Il coraggio non è innato né casuale, lo si infonde, lo si dimostra, lo si educa con l’esempio. Ma coraggio per fare cosa? Il tuffo dallo scoglio più alto? La discesa sugli sci? Salire sulle montagne russe al lunapark?
No, il coraggio del vivere, del fare le cose, di buttarsi nel mondo senza paure e vergogne inutili. Il coraggio di dire ciò che si pensa senza diventare schiavi del giudizio dell’altro. Il coraggio delle scelte, anche di quelle controcorrente. Il coraggio di essere se stessi e capire che anche le sconfitte possono essere occasioni per ricominciare». (Silvana De Mari)