Il cuore indurito

da | 3 Marzo 2022 | Spiritualità nel quotidiano

L’odio ferisce sempre, anche chi lo provoca.
Incattivisce il cuore, provoca sofferenza e porta alla rivalsa, provocando una catena di reazioni negative.
È possibile una alternativa all’odio.

Il sentimento che compromette gravemente il nostro cuore è l’odio, sia provocato sia subito, e può avere conseguenze devastanti. Entra in noi per cause molteplici, provoca ferite profonde e lascia cicatrici nel tempo.

Lo troviamo all’inizio della presenza umana sulla terra nella persona di Caino, causato dalla gelosia nei confronti del fratello Abele: «Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto…e lo uccise» (Gn 4,5.8). La gelosia divenne in lui odio che lo portò al fratricidio. Il suo cuore rimase pesantemente ferito e si sentì colpevole al punto da concludere, dopo il primo intervento di Dio nei suoi confronti: «…Io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere» (Gn 4,14).

L’odio come soluzione

Il gesto di Caino rimanda a questo istinto presente in ciascuno di noi. Siamo portati a vedere in chi ci contrasta, o nel diverso, un ostacolo e una minaccia a cui opporsi con la sopraffazione violenta. Ne consegue una dinamica perversa di contrapposizione all’insegna dell’odio.
Questa spinta tocca i singoli, coinvolge i gruppi, si estende alle nazioni. La nostra storia è segnata da questo modo di affrontare i problemi o di imporre il proprio volere. Si pensa che la legge del più forte debba prevalere e che essa giustifichi il mettere in atto la violenza.
Gesù ha sempre rifiutato questa logica. Al discepolo che nell’orto degli ulivi aveva estratto la spada per difenderlo e aveva colpito un servo del sommo sacerdote, ordina di riporla nel fodero dicendo che «tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno» (Mt 26,52).
L’odio innesca un circuito di violenza che difficilmente si ferma e che sempre deposita nel cuore il proposito di vendetta. Il cuore ferito dall’odio perde la verginità della bontà e medita cattiverie. 

L’alternativa all’odio

L’insegnamento di Gesù ha indicato la via del dialogo, del perdono, della carità. Alla legge del taglione ha sostituito quella dell’amore. Non ha inteso negare le provocazioni della realtà, che raggiungono livelli molto elevati, ma ha compreso che l’odio alimenta odio, mentre l’amore edifica. Certamente questo richiede tempi lunghi, dialogo serrato, confronto critico e costruttivo, ma alla fine risulta vincente.
La legge nuova indicata da Gesù non esclude gli atteggiamenti positivamente provocatori: la contestazione, l’indignazione, il dibattito pubblico, le molteplici forme di manifestazioni pacifiche di denuncia.
Mi piace riportare due riflessioni che Etty Hillesum, vittima innocente dell’odio nazista, ci ha lasciato nei suoi scritti durante la detenzione nel campo di Westerbork: «Mentre l’odio sfocia nell’aggressione distruttiva, l’indignazione permette di denunciare con forza e coraggio, in nome della giustizia e della verità, quanto si coglie come frutto della prevaricazione, di testimoniare con parole chiare tutte le intolleranze, gli orrori e le ostilità senza fare sconti in nome del timore o della convenienza. Fare silenzio di fronte alle ingiustizie, si diventa conniventi e moralmente colpevoli».
«La barbarie nazista fa sorgere in noi un’identica barbarie che procederebbe con gli stessi metodi, se noi avessimo la possibilità di agire oggi come vorremmo. Dobbiamo respingere interiormente questa inciviltà: non possiamo coltivare in noi quell’odio perché altrimenti il mondo non uscirà di un solo passo dalla melma».

Un agire solidale

Come sempre, siamo chiamati in causa in prima persona. Senza una coscienza formata al valore della non violenza, ci viene a mancare la base su cui costruire un vissuto sociale coeso. Infatti la persona singola non è bastante a se stessa e non può chiudere gli occhi di fronte al male che accade: è chiamata a prendere posizione, a compromettersi. Solo la corresponsabilità di tutti, condivisa soprattutto nei momenti critici che toccano i punti nevralgici del vivere rischiando di innescare odio e violenza, permettono di fare da scudo e impediscono che esploda.
Sull’aspetto della corresponsabilità, Etty è molto decisa e provocante: «La ribellione che nasce solo quando la miseria comincia a toccarci personalmente non è vera ribellione, e non potrà mai dare buoni frutti. E assenza di odio non significa di per sé assenza di un elementare sdegno morale. So che chi odia ha fondati motivi per farlo. Ma perché dovremmo sempre scegliere la strada più corta e a buon mercato? Laggiù ho potuto toccare con mano come ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo renda ancora più inospitale. E credo anche, forse ingenuamente ma ostinatamente, che questa terra potrebbe ridiventare un po’ più abitabile solo grazie a quell’amore di cui l’ebreo Paolo scrisse agli abitanti di Corinto nel tredicesimo capitolo della sua prima lettera».

 Solo la carità edifica

Siamo nel cuore dell’insegnamento cristiano. Etty è maturata lentamente alla fede, dopo un lungo travaglio di ripensamento. Ha compreso che solo l’amore è la risposta vincente, un amore esigente, provocatorio, apparentemente perdente. Il suo riferimento all’inno alla carità di s. Paolo (1Cor 13,1-13) le risulta la carta vincente. La carità non è solo una virtù, è una “via”, la più sublime, da percorrere (1Cor 12,31). Essa non avrà mai fine (1Cor 13,8).
La croce di Cristo, che ha dato la vita per amore, è l’icona più espressiva di quanto incida l’amore, soprattutto se testimoniato con la morte, e come esso sia la risposta alternativa all’odio. Impedisce che il cuore sia invaso e ferito dalla violenza provocata dall’odio, e diventa balsamo che riporta pace nella vita ferita.

Argomenti: Sofferenza
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