Il digiuno cristiano va oltre la preoccupazione estetica;
è il segno della rinuncia per ricordarsi dell’essenziale
e rafforzare la sequela generosa di Cristo.
Il digiuno è un gesto che si trova in ogni cultura e religione: chi lo compie per normative religiose, chi per elevazione dello spirito a Dio, chi per benessere fisico, chi per protesta sociale. Da alcuni riscoperto, da altri dimenticato o trascurato, da alcuni coltivato come esigenza interiore, da altri criticato.
La nostra società secolarizzata, che dà il primato alla libera scelta e spinge alla piena gratificazione dei bisogni, non lo considera un valore ma una consuetudine, dai più disattesa; basti vedere i ristoranti in tempo di quaresima o i pasti nel giorno di venerdì, per capire la dimenticanza di questa tradizione.
È la motivazione ad attribuirgli il valore. Per noi cristiani è un aiuto per rafforzare il nostro legame di fede e di sequela di Cristo.
Scelta consapevole
Anche Gesù digiuna nell’esperienza del deserto, dopo il battesimo, prima di affrontare la sua missione (Mt 4,2). Segue la tradizione secolare del suo popolo, in cui il digiuno è vissuto quale segno penitenziale, a volte protratto nel tempo. Mosé ed Elia si astengono dal cibo per prepararsi all’incontro con Dio. Il popolo vive celebrazioni penitenziali, tra cui il digiuno, nei momenti decisivi dell’Alleanza e delle situazioni di gravi calamità. Questo gesto aiuta a prendere coscienza del peccato, esprime il dolore e il pentimento, la conversione e l’espiazione.
Il pericolo dell’abitudine
Anche la pratica del digiuno può scadere nel formalismo, perdere quindi l’autenticità di segno. Può nascondere l’ipocrisia dell’apparire osservanti, senza reale cambiamento del cuore; può divenire alibi per esimersi dai doveri importanti del vissuto. Per questo il profeta denuncia la falsità del formalismo e predica il vero digiuno voluto dal Signore, la concretezza della carità: «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo … Dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo» (Is 58,6-7).
Non può mancare l’intimo legame fra digiuno e conversione della vita, pentimento dei peccati, preghiera umile e fiduciosa, esercizio della carità fraterna e lotta contro l’ingiustizia: «È meglio la preghiera con il digiuno e l’elemosina con la giustizia» (Tob 12,8).
Scelta autentica
Gesù riconferma la validità del digiuno e invita a viverlo in autenticità (Mt 6, 16-18). A chi lo critica perché i suoi discepoli non digiunano, lo motiva per la sua presenza quale ‘sposo’, ma risponde: «Verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno» (Mc 2,19-20).
I giorni sono giunti con la passione e morte di Gesù.
La Chiesa ha assunto questo ‘segno’ e lo ripropone nel tempo, soprattutto in Quaresima quale segno che aiuta a prepararsi al mistero pasquale. Il riferimento a Cristo e alla sua Pasqua focalizza il senso cristiano del digiuno, come di ogni altra forma di mortificazione: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34). Esso viene così a sostenere il cammino di fede.
Per il cristiano la mortificazione non è mai fine a se stessa né si configura come semplice strumento di controllo di sé, ma rappresenta la via necessaria per partecipare alla vita offerta di Cristo, alla sua oblazione d’amore.Rientra nelle esigenze della vita nuova secondo lo Spirito, diventa un sostegno per vincere le inclinazioni che rendono difficile la coerenza evangelica: «Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne» (Gal 5, 16).
Oltre il cibo
Il digiuno non si limita alla rinuncia del cibo. Esso porta a capire che «non di solo pane vive l’uomo» (Mt 4,4), ma anche di altri valori: l’ascolto della parola di Dio, il senso della sobrietà di vita, il valore della condivisione e della solidarietà.
Allarga l’orizzonte del vissuto, fa sentire in condivisione anche con chi, pur non cristiano, tiene in considerazione i valori morali dell’esistenza e condivide il modo di affrontarli: il giusto uso dei beni, il distacco dal superfluo, la moderazione nelle spese, l’apertura generosa all’altro, la giusta distribuzione delle risorse…
Segno di solidarietà
In questo senso il digiuno cristiano diventa un segno concreto di comunione con chi soffre la fame, e una forma di condivisione e di aiuto con chi si sforza di costruire una vita sociale più giusta e umana. Sant’Agostino dice: «Diamo in elemosina quanto riceviamo dal digiuno e dall’astinenza».
È diventata consuetudine unire il digiuno a manifestazioni personali o corali in difesa di cause sociali. Servono per trovare risorse in favore di opere di assistenza e di promozione. Nel contempo sensibilizzano le comunità alle molteplici problematiche ed esigenze presenti sul territorio o nel mondo. È una promozione della coscienza collettiva.
Abbandono alla provvidenza
Il digiuno diventa pure una provocazione a riscoprire l’invito di Gesù ad abbandonarsi fiduciosi alla Provvidenza di Padre, senza alcuna ansia per il cibo: «La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito … Non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia … Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12,23.29.3 l).
Aiuta a stare nella vita in modo propositivo, liberandola dagli eccessivi condizionamenti, per renderla più rivolta a Dio e al prossimo.