L’amore di Dio si riversa nei nostri cuori
e movimenta la risposta di amore personale e comunitaria
anche con la preghiera.
L’evangelista Giovanni ci ricorda che: «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). La nostra risposta di riconoscenza non può mancare. Sarà consapevole e intensa nella misura in cui ci lasceremo guidare dalla parola di Dio per coglierne la verità. La esprimeremo con la preghiera e con la testimonianza del vissuto per renderla filiale e autentica.
All’amore ricevuto non è possibile rimanere indifferenti, perché tocca la dinamica insita nella nostra natura umana: amore richiama amore. L’affetto colpisce sempre il cuore e lo ‘scioglie’. Per quanto insensibile, viene piegato e modellato, come il ferro reso incandescente dal fuoco.
Possiamo definire la preghiera come la risposta che sgorga dal cuore toccato dall’amore di Dio.
È innanzitutto impregnata di riconoscenza filiale.
Preghiera o preghiere?
Abbiamo imparato a pregare fin da piccoli nell’intimo della nostra famiglia e nell’alveo della nostra comunità parrocchiale. Ricordiamo ancora la voce delle persone care che ci hanno insegnato a ‘dire le preghiere’. Erano le classiche orazioni del buon cristiano: Ti adoro mio Dio, l’Ave Maria, il Padre nostro, l’Angelo di Dio, l’eterno riposo… Forse qualcuna la diciamo ancora prima di addormentarci.
Crescendo ci siamo accorti che pregare è qualcosa di più avvolgente, va oltre le formule: significa avere mente e cuore in Dio. È il filo rosso che attraversa il nostro vissuto e lo collega alla Fonte di tutto. È un legame continuativo che si instaura con il Signore della nostra vita, fatto anche di formule, ma soprattutto di offerta del nostro vissuto e di consapevolezza, per cui tutto diventa preghiera. Sentiamo sempre più vera l’esortazione di Gesù sulla necessità di «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1) e di San Paolo sul «pregare ininterrottamente» (1Tes 5,17).
Pregare diventa uno ‘stare in Dio’, in costante unione con Lui, nelle situazioni molteplici del vissuto quotidiano personale e comunitario.
Pregare in comunione
La preghiera non è mai vissuta come isolamento. È per sua natura ‘relazione’, è sempre un tu per tu gestito nella fede amorosa, nel proprio intimo. Ce lo ricorda Gesù stesso quando dice: «Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto » (Mt 6,6). La preghiera personale non è mai plateale, uno sbandierare la propria pietà, ma discreta, silenziosa, intima. È finalizzata a tenere viva la nostra fede nel dialogo amoroso. Si esprime nel “raccontare” al Signore ciò che viviamo o pregando con alcuni salmi della bibbia che colgono situazioni esistenziali valide in ogni tempo.
Anche il pregare assieme è finalizzato ad esprimere la comunione nella fede tra chi è riunito e Cristo. Lo ricorda sempre Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 15). Uniti a Cristo e ai Santi, si ravviva il dialogo d’amore con il Padre celeste.
Pregare il Padre, in Cristo
È il Padre la fonte e il termine di tutto il nostro vissuto di credenti, anche della nostra preghiera. Cristo, Maria e i Santi sono i riferimenti intermedi che sentiamo vicini alla nostra umanità e di cui sovente ci serviamo per giungere al Padre. Gesù stesso si è sempre presentato come il mediatore del Padre, il suo missionario. Quando gli apostoli gli hanno chiesto di insegnare loro a pregare, come Giovanni Battista aveva fatto con i suoi discepoli, Gesù focalizza la preghiera sul Padre: «Quando pregate, dite: Padre…» (Lc 11, 2-4; Mt 6, 9-13). Da questa preghiera di Gesù deriva il ‘come’ rapportarsi al Padre, che cosa esprimere, quali sentimenti coltivare.
Ci rapportiamo a Lui come figli, che hanno la consapevolezza di essere amati, che si possono esprimere in libertà, che sono animati dallo Spirito, che fanno scaturire il loro ringraziamento come pure la richiesta di perdono, che rinnovano la fiducia nel suo amore provvidente, che desiderano che il Padre sia conosciuto e amato da tutti, che il suo regno si estenda nel mondo, che la sua volontà possa avere compimento, che gli chiedono ciò di cui hanno bisogno: il necessario quotidiano…
Non c’è limite del vissuto personale e comunitario che non possa essere presentato a Dio Padre nella preghiera, con la fiducia dei figli.
Pregare per tutti
La preghiera non si esaurisce sui nostri bisogni. Essa ci apre il cuore, tiene aperti gli orizzonti. Porta a sentirci solidali con tutti. Presenta al Padre i molteplici problemi che toccano il vissuto umano, le tante ferite e fatiche che tutti ci portiamo dentro. Ma presenta pure i molteplici motivi per dire grazie. Essa rafforza la solidarietà in Cristo.
Giustamente San Paolo esorta che «si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, … che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche» (1Tm 2, 1.8;cfr. Ef 6,18).
La preghiera unisce, rafforza la fraternità in Cristo, sviluppa l’anelito e l’impegno a edificare una società giusta e solidale: il regno di Dio.