Il primo approccio con la realtà del divino è il creato.
Esso affascina e rimanda d’istinto a un suo Creatore.
Ci è familiare l’aforisma di Pietro Metastasio:
«Dovunque il guardo giro, immenso Dio ti vedo: nell’opre tue t’ammiro, ti riconosco in me».
Dice, in parole poetiche e semplici, che la natura è la prima via che porta a Dio, lo fa riconoscere quale origine di tutto.
Fin dai primi anni dell’esistenza, la persona è provocata dal fascino del creato. Le viene spontaneo porsi domande sulla sua origine. La risposta più spontanea è l’ammissione di un creatore.
Il senso religioso innato l’ha identificato con una o più divinità. Le religioni rivelate hanno svelato anche il nome: Jahvé, il Padre, Allah…
La riflessione filosofica l’ha definito come “motore immobile”, “demiurgo”, “Essere”, “Assoluto”, “Principio”.
La scienza ha tentato spiegazioni razionali immanenti (big bang, evoluzionismo), ma non necessariamente esclude una realtà superiore.
Campo di ricerca
Il creato è come un libro aperto, che si può sempre consultare, svela in continuazione nuovi particolari, si presenta sempre carico di mistero e rimanda al Mistero.
Il filosofo Rousseau ammetteva l’innata propensione della persona alla religiosità, grazie al contatto con la natura. A suo dire, è la società a influire negativamente nella crescita, immettendo condizionamenti fuorvianti. Fa suo il mito del “buon selvaggio”, in cui si racconta del bimbo allevato lontano dal vissuto sociale, a stretto contatto con la natura, trovato immobile a contemplare l’alba. Tale meraviglia della natura lo ha portato a interrogarsi su chi ne fosse l’autore e a intuire la sua origine divina.
Proprio la creazione diventa il primo “campo di ricerca” e rimanda a un Essere supremo.
I cieli narrano la gloria di Dio
Molti sono i riferimenti della Sacra Scrittura alla creazione. Il testo sacro inizia proprio con tale riferimento a Dio quale artefice del creato. Si serve di un racconto semplice attraverso il quale trasmette la verità della provenienza divina di quanto esiste. Di esso non è fondamentale cogliere il “come” Dio ha creato, ma il “perché”. L’autore sacro si interroga sull’esistente e collega il tutto all’amore di Dio che si effonde, infonde vita, pone ordine, crea l’uomo a sua immagine e somiglianza per averlo quale interlocutore privilegiato. Il tutto manifesta il suo amore che si espande.
Spetta alla scienza trovare la modalità più idonea in cui tutto è avvenuto, possibilmente mai perdendo di vista l’aggancio alla dimensione del mistero.
Il salmo 18 fa sintesi della bellezza e della complessità del creato nel quale si manifesta la “gloria” di Dio: «I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento» (v. 2). Nel credente scaturiscono spontanee l’ammirazione e la riconoscenza. Esse attraversano l’intero salmo 104 che racconta l’azione di Dio creatore. Il testo si apre e si chiude con la lode: «Benedici il Signore, anima mia» (vv. 1.35), e culmina con il riconoscimento della magnificenza che la creazione contiene: «Quanto sono grandi, Signore, le tue opere» (v. 24).
Guardate…
Anche Gesù utilizza il riferimento alla natura per parlare del Padre dei cieli e del suo amore per le tutte le cose create. Dedica molte immagini ed esempi per trasmettere il suo insegnamento: gli alberi, gli animali, le vigne, il tramonto, la tempesta, la notte, la luce, i fiori del campo, gli uccelli dell’aria, il seme, le spighe…
Mette in risalto il significato che tali riferimenti racchiudono, rapportati sempre alla vita delle persone e al loro cammino verso una piena apertura al bene.
Invita a guardare le molteplici realtà della natura e a cogliere i messaggi che in esse sono contenuti. Emerge, in modo continuativo, l’amore di Dio.
Attribuisce un posto particolare al suo amore provvidente. Dio ha una attenzione specifica per ogni realtà creata. C’è il riferimento agli uccelli del cielo, che non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; ai gigli del campo, che non lavorano e non filano; all’erba del campo, che oggi c’è e domani viene gettata nel forno… il Padre celeste li nutre, li cura…
Il discorso di Gesù è sempre finalizzato per infondere fiducia in noi: «Non contate voi forse più di loro?… (Il Padre) non farà assai più per voi?» (Mt 6,25-34).
La contemplazione della creazione in cui siamo immersi ci aiuta a rafforzarci nell’amore provvidente del Padre, a non vivere l’affanno provocato dalle preoccupazioni, a vivere con un sentire profondo di maggior affidamento. Nella natura troviamo una ricchezza di insegnamenti che ci permettono di non vivere nell’affanno e di «cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33).