A essere onesti, tolte le mille piccole luci, gli infiniti addobbi di cui è caricato, dobbiamo fare i conti con questo dato di insignificanza che oggi ha il natale.
Un insignificanza che non dipende certo dal soggetto centrale della festa, anche se lo è diventato per la prevalenza di tanti altri inutili oggetti attorno alla sua festa.
Non è di oggi questa posizione incompresa di Gesù. Accompagna anche il cammino esistenziale di ognuno di noi, con luci e ombre.
Paul Tillich illustrava tempo fa, ma pare che il tempo sia lo stesso oggi, questo fenomeno così: “La potenza originaria dei grandi simboli cristiani è andata perduta. In origine essi rispondevano a delle domande. Ora sono delle pietre d’inciampo che è necessario credere per tradizione e autorità. Ad aggravare il problema è la confusione fra fede e credenza. La fede è lo stato consistente nell’essere afferrati da qualcosa che ha un significato supremo, e nell’agire e pensare in base ad esso come persona dotata di un centro. Le credenze sono opinioni che si ritengono vere, che possono essere o meno realmente tali. Ma esse non sono mai questione di vita o di morte. Una delle cose peggiori che rendono irrilevante il messaggio cristiano è identificare la fede con la credenza in certe dottrine. Particolarmente grave è la richiesta di credere l’incredibile… Dobbiamo affermare chiaramente che ‘fede’ è l’essere afferrati da una potenza che ci interessa in maniera suprema, e che ‘credenza’ non è l’essere certi, ma l’accettare qualcosa di preliminare. L’impossibilità della persona moderna di comprendere il linguaggio della tradizione riguarda quasi tutti i simboli cristiani. Essi hanno perso il potere di trafiggere l’anima: di rendere inquieti, ansiosi, disperati, gioiosi, estatici, recettivi nei confronti del significato”, nei confronti di Chi vorrebbe presentarsi per quello che è.
E non è solo “colpa vostra!”, come si usava dire nelle prediche quaresimali infierendo sul devoto popolo di Dio che ascoltava pazientemente i rimbrotti dell’oratore. Ci sono responsabilità anche della Chiesa che come ciascuno di noi non ha assunto, fatto propria, proprio l’insignificanza del suo esserci che poteva aiutare il “fedele” a incontrare il vero volto di Dio, a leggerne i tratti che altrimenti si arriva a considerare non importanti, non centrali, non espressivi di Lui. E alla fine gli si è messo sopra un altro volto, un altro aspetto, un altro colore, un altro regno. Tanta altra roba, ma l’abbiamo coperto per renderlo più vero?
In questo nostro periodo tornare a cogliere la reale insignificanza del natale può essere un bene, un dare spazio al nudo, fragile, essere con noi di Dio.
È sì, l’insignificanza ci fa entrare in punta di piedi in una dimensione più essenziale di Lui e pure di noi. Francesco, il santo, lo aveva ben incarnato questo farsi presente di Dio in Gesù nel suo stile, scelta di vita, insignificante, o povera se il termine ci è più familiare.
Per chi è sazio dell’abbondanza dei sensi il natale può essere ancora una volta l’occasione per recuperare il vuoto e non senso, una misura che ci appartiene: siamo innanzitutto insignificanti. Ed è proprio su questo che Dio si costruisce la Storia, si definisce Vita, si manifesta Gesù.
Il vangelo che consideriamo di Matteo ci narra, e lo fa solo per storicizzare la nostra umanità non per datare un episodio della storia, che Erode ritenne assurdamente e fastidiosamente insignificante la nascita di Gesù. Questo per la troppa significanza che attribuiva a se stesso. E quel bambino, nuovo re, gli stava dicendo che essere significativi è altra cosa.
Anche a noi, ad essere sinceri, capita di considerare insignificanti tanti aspetti, e persone, che invece sono perle preziose che abbellirebbero la nostra esistenza e le darebbero luce e gioia … ma siamo troppo presi dalla nostra fasulla significatività per avvedercene.
Dio non tramonta, la sua Parola è per sempre, … ma vuole rimanere insignificante, da subito, nel natale. A noi è rivolto questo invito, che è un passaggio, un percorso direbbe papa Francesco, per entrare nel suo sguardo sul mondo, assumendo la nostra e sua voluta insignificanza. Si comincia così… è il gioioso sereno natale che vogliamo (e lo possiamo ogni giorno) per questa nostra nuova umanità marginale ma ancora viva.
Particolare ritaglio dell’affresco del presepe a Greccio.