La forza della speranza

da | 17 Febbraio 2022 | Spiritualità nel quotidiano

La speranza è luce che ci sostiene nell’oscurità, ci impedisce di bloccarci e scoraggiarci.
Per quanto tenue, ci permette di continuare il cammino.

La natura ci ha fornito di una forza interiore che difficilmente viene meno. È una ‘grinta’ innata che ci sostiene soprattutto nei momenti difficili e ci porta a superare anche gli ostacoli che si frappongono. La chiamiamo speranza. Il proverbio popolare dice che “è l’ultima a morire”.
Ogni volta che ascolto testimonianze di persone che hanno vissuto situazioni umanamente provate e sono riuscite a superarle, rimango fortemente colpito. Mi trovo sovente con le lacrime agli occhi e con un’ammirazione indicibile. Quale coraggio hanno avuto! Quanta sofferenza hanno sopportato, senza darsi per vinte! Le osservo attentamente e cerco di scoprire il segreto che le ha sostenute. In tutte ha giocato un ruolo fondamentale la volontà di farcela, la speranza.

Da piccolo rimanevo incantato dai raccolti di mio padre impregnati di fatica, dolore, povertà, lontananza dalla famiglia per racimolare il necessario per tirare avanti. Si è sposato assumendo i debiti di famiglia, ha abbandonato il lavoro in proprio perché troppi non saldavano le commissioni fatte, è emigrato all’estero e rientrato per la salute compromessa, si è trovato in guerra conclusasi con la disfatta e con la consegna del comandante “Si salvi chi può” e abbandonato a se stesso con i commilitoni di sventura; otto figli piccolissimi deceduti per mancanza di cure… Da ogni racconto coglievo forza, sano orgoglio, soddisfazione di avercela fatta, fiducia nella provvidenza, fede profonda, l’energia della speranza.

Saldo nella speranza

Mi viene spontaneo il riferimento ad Abramo, che «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Umanamente aveva motivo di scoraggiarsi e anche di perdere la fiducia in Dio che demandava nel tempo le promesse del figlio e della terra. Gli anni che avanzavano erano ulteriore motivo per attenuare la fede e perdere la speranza. Invece «di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento» (Rm 4,20-21). Lo ammiriamo per la forza interiore che lo ha sostenuto e per la fede e speranza che gli hanno fatto guadagnare il titolo di «padre dei credenti», e che Dio gli abbia «accreditato come giustizia» il suo comportamento resiliente (Rm. 4,17.21).

Esemplarità resilienti

«È vero che ci sono dei momenti in cui uno crede di non poter proprio andare avanti. Ma si va poi avanti, anche questo si impara col tempo».

Lo scrive Etty Hillesum nel dramma della prigionia, e continua:

«Volevo solo dire questo: la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore si innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare -, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravvivremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra parola a guerra finita».

Sofferenza, rassegnazione, speranza

Dentro la sua situazione di forte precarietà e sofferenza, Etty scrive:

«C’è un limite a tutte le sofferenze, forse a un essere umano non è dato da sopportare più di quanto non possa – oltrepassato quel limite, muore da sé. Ogni tanto qui muore qualcuno perché il suo spirito è a pezzi e non riesce più a capire, in genere sono persone giovani. Le persone anziane sono piantate in un terreno più solido e accettano il loro destino con dignità e rassegnazione. Sì, qui si vede una gran varietà di persone e si può osservare il loro atteggiamento verso le questioni più ardue, le questioni ultime.
Proverò a descrivervi come mi sento, ma non so se questa metafora è giusta. Quando un ragno tesse la sua tela, non lancia forse i fili principali davanti a sé e ci si arrampica poi sopra? La strada principale della mia vita è tracciata per un lungo tratto davanti a me e arriva già in un altro mondo. È proprio come se tutte le cose che succedono e che succederanno qui siano già, in qualche modo, date per scontate dentro di me, le ho già vissute e assorbite e già partecipo alla costruzione di una società futura. La vita qui non consuma troppo le mie forze più profonde – fisicamente si va forse un po’ giù e spesso si è immensamente tristi, ma il nostro nucleo interiore diventa sempre più forte. Vorrei che fosse così anche per voi e per tutti i miei amici, è necessario, dobbiamo ancora condividere molte esperienze e molto lavoro tutti insieme. Perciò vi raccomando: rimanete al vostro posto di guardia se ne avete già uno dentro di voi, e per favore non rattristatevi né disperatevi per me, non c’è motivo».

 Donna di fortezza e di speranza, Etty Hillesum! Esempio grande di resilienza e di abbandono a Dio  riscoperto nel travaglio della vita. Sappiamo che la bieca violenza l’ha sopraffatta, ma non ha spento la sua speranza. Aveva scritto: «Se dovessi scrivervi una lettera disperata non prendetela troppo sul serio, vorrà dire che sarà stato solo un momento, si può soffrire ma non per questo si deve essere disperati». È stata uccisa in modo vigliacco, ma nessuno è riuscito a toglierle la speranza che l’ha sempre animata nel profondo.

Argomenti: Speranza
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