Non è qui. È risorto!

da | 4 Aprile 2021 | Spiritualità nel quotidiano

La tomba vuota di Gesù non lascia indifferenti,
pone profondi interrogativi.
Da lì è partito l’annuncio della sua risurrezione,
che ha invaso il mondo e motiva la nostra vita di cristiani.

La Pasqua è il cuore della nostra fede: «Cristo, nostra Pasqua, è risorto. Alleluia!». La Chiesa si è giocata tutto sulla testimonianza della risurrezione di Gesù. Il suo annuncio risuonerà per sempre perché Dio, che lo ha fatto risorgere, lo ha anche costituito Signore e Cristo (cfr. At 2,36).
Tutto si irradia dalla tomba vuota e dalle parole dell’Angelo: «So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite guardate il luogo dove era stato deposto» (Mt 28, 5-6).
San Paolo lo conferma chiaramente, affrontando il rischio che comporta: «Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio … Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti» (cfr. 1Cor 15,12-24).
La Pasqua è la firma indelebile di Dio Padre sulla vita del Figlio amato. Egli «lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione» (At 13,34).

Conferma definitiva

È Gesù stesso a dare conferma di essere ritornato alla vita. Si presenta più volte ai discepoli nella sua identità di risorto. È proprio lui, non un fantasma. Si fa riconoscere dai segni della passione sul suo corpo. A Tommaso dice di mettere il dito nelle piaghe provocate dai chiodi e dalla lancia, e lo esorta ad essere «credente» (Gv 20,27).
Se la risurrezione è realtà consolante, è altrettanto faticosa ad essere creduta. Tommaso rispecchia bene il nostro bisogno di ‘segni’ di conferma. Esprime la nostra ambivalenza tra abbandono della fede e resistenza del capire. Non svendiamo facilmente il nostro bisogno di razionalità.
Eppure Gesù ha fatto pesare l’ago della bilancia sul credere e l’ha fatto diventare beatitudine: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,28).

 Vincere la resistenza

La scoperta della tomba vuota deriva dall’amore coraggioso delle donne. Solo loro si sono recate al sepolcro, vincendo la resistenza del dolore, della paura, del come riuscire a togliere la pietra posta davanti al sepolcro. Sono motivate dal compiere l’ultimo gesto degli aromi sul corpo del defunto maestro (Mc 16,1-6); in realtà sono spinte dall’amore per Gesù. Forse avevano nel cuore le sue parole: che al terzo giorno della passione sarebbe risorto.
Gli apostoli hanno sempre fatto resistenza, quando Gesù aveva detto loro, per tre volte, che sarebbe risorto dopo la sua passione e morte (Mt 20,18-19). Pietro reagì rimproverandolo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai» (Mt 16,22); e Marco di seguito annota che «essi però non capivano queste parole e avevano paura di interrogarlo» (Mc 9,32). Si sono bloccati soprattutto sulla prospettiva della sua passione e morte – sul dolore, sulla sconfitta – non cogliendo il seguito: che sarebbe tornato alla vita. Per questo non sono andati alla tomba, se non i soli Pietro e Giovanni dopo l’annuncio delle donne (Lc 24,8-12; Gv 20,2-8).

 Guardare oltre la morte

Non viene spontaneo accettare la vita oltre la morte. L’ultimo respiro ha il sapore della fine di tutto. Abbiamo bisogno di puntare lo sguardo sulla tomba vuota e cogliere non un’assenza ma un ritorno alla vita, come Giovanni il quale «vide e credette» (Gv 20,8). Una fede incerta all’inizio, poi confermata da Gesù che si è reso presente al gruppo degli apostoli e ha aperto loro la mente per comprendere le Scritture (Gv 24,45). Una fede resa stabile a Pentecoste dall’azione dello Spirito Santo (At 2,4.33).
La Pasqua ci ricorda che la vita, una volta ‘accesa’ con la fecondazione, non ha più termine. Continua per sempre, perché Dio ha vinto la morte nel Figlio. Gesù è il primo dei risorti e sulla sua scia lo saremo anche noi (1Cor 15,22). L’amore di Dio non viene mai meno e ci attende tutti nel suo abbraccio eterno.
Ricordiamo le parole di Gesù: «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,40). Noi non abbiamo mai visto Gesù, ma lo abbiamo conosciuto e accolto grazie alle testimonianze su di lui. Lo crediamo «il Vivente». Lo incontriamo nella fede.
Anche noi vogliamo essere oggi testimoni della sua risurrezione, motivati dal dono della fede ricevuto e consapevoli di quanto ci dice san Paolo: «Se con la tua bocca proclamerai “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10,9). Questo lo possiamo dire «sotto l’azione dello Spirito Santo» (1Cor 12,3).

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