26 Aprile 2024 Giovanni 14, 1-6

Giovanni Nicoli | 26 Aprile 2024

Giovanni 14, 1-6

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».

Il vangelo di quest’oggi è tratto dal discorso che Gesù fa ai suoi discepoli nell’ultima cena. Ha appena annunziato il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro: non deve essere stato un bel clima. Ha annunciato che ancora per poco sarà con i suoi discepoli e che tutto quanto sta accadendo è per la sua glorificazione.

Partire è un po’ morire. Ognuno di noi ha delle partenze nella sua vita. Un figlio che lascia la casa e si sposa, un familiare che va lontano per lavoro, uno che emigra, un amico che deve lasciare la compagnia, un religioso che cambia di comunità, il marito o la moglie che muoiono, un cambio di posto lavoro. In questa situazione si inserisce il vangelo di quest’oggi che inizia con il “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.

Non sia turbato il vostro cuore, perché seppure è vero che la situazione che stiamo vivendo non è delle più rosee e più felici, è anche vero che questa situazione ha un senso che noi comprendiamo fino ad un certo punto. La perdita di una persona o una partenza, noi riusciamo a comprenderla un po’, finché ci ragioniamo sopra, ma appena smettiamo di ragionare e lasciamo spazio al cuore non la comprendiamo più, o meglio non la accettiamo più. Ha un bel dire Gesù non sia turbato il vostro cuore: il nostro cuore è turbato, la situazione ci pesa. E come potrebbe non pesarci una morte? Sappiamo che la perdita di una persona, una ripartenza, porta in sé dei germi di bene, se vogliamo, che nemmeno ci immagineremmo, ma è pur sempre una perdita e una morte. Siamo chiamati a fare lutto e il lutto non si fa ridendo. Gesù Cristo è morto in Croce accettando quanto lo aspettava, ma non è andato alla croce saltellando e non soffrendo. C’è una bella differenza tra il dire che una situazione ci pesa e affrontarla, e far finta di niente e dire che la cosa è senza significato. È la differenza che passa tra il ricevere un pugno nello stomaco, sentire il male e dire che non è successo niente.

Tutti noi siamo chiamati ad elaborare i nostri lutti. Lutti che hanno in sé tristezza per una perdita, lutti che ci possono portare a riflettere su quanto c’è e c’è stato in una relazione. Delle cose e delle persone noi normalmente ci accorgiamo quando ci vengono a mancare: quel punto ci ribelliamo. È giusto ribellarci ad una perdita ma è anche giusto riconoscere che una perdita è ormai avvenuta e cominciare a fare lutto, alimentando il ricordo. Riflettere su quello che è stato, su quanto quella persona ci ha lasciato, sulle tracce di bene seminate nel nostro cuore in una relazione fedele.

Questo, credo e sento, è il senso del “Non sia turbato il vostro cuore”. Se una relazione è vera ha già preparato una casa dove abitare. L’io vado a prepararvi un posto detto da Gesù si riferisce senz’altro all’attesa escatologica. Ma questo posto con lui e con persone significative è già stato preparato nel nostro cuore. Nel momento in cui una persona è dentro di noi, abita con noi: il nostro cuore è fedele e durevole.

Forse non sappiamo dove questa persona è andata a finire, quasi sicuramente il suo ricordo si abbasserà di tono mano a mano che il tempo passa e la ripartenza si allontana, ma le tracce nella nostra memoria affettiva rimarranno indelebili. È un sigillo sul nostro cuore che dice la fortezza dell’amore ed è una passione tenace. Le grandi acque del nostro quotidiano non possono spegnere quell’amore e neppure i fiumi della dimenticanza. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio.

Due innamorati quando debbono allontanarsi si fissano un appuntamento: guardiamo insieme la luna e ci sentiremo vicini. L’appuntamento con i nostri cari è Cristo via, verità e vita. È lui la strada, è lui la verità, è vita.

Avere l’appuntamento in lui significa avere l’appuntamento con un amico che ha dato la sua vita per noi, c’è nulla di più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Lui è la via per andare al Padre ed andare al Padre significa essere fratelli. Rimaniamo uniti nell’Amore dello Spirito che il Signore Gesù ci ha promesso con la sua partenza che è divenuta necessaria perché questo dono si potesse realizzare.

Il dono dello Spirito è il dono della maturità cristiana: se Cristo non se ne fosse andato pur rimanendo con noi fino alla fine dei tempi, la chiesa non avrebbe potuto fare il passo di maturità a cui era ed è chiamata. Le partenze e le ripartenze sono utili alla nostra maturità nella fede: per questo è importante fare lutto e farlo bene. Perché il riconoscere le tracce di bene che rimangono nel cuore della nostra memoria affettiva, possano portare frutto, come per un figlio il ricordo di quello che un padre ha fatto e ha lasciato dentro di lui anche con battaglie, diventi seme che germoglia e ricordo che vive in tutto quello che facciamo. Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.

La vita ci chiama continuamente a staccarci, a salutare, a dire addio o a voltare pagina. Ma in ognuno di questi passaggi non siamo mai soli, anche se la tentazione cercherà sempre di persuaderci che siamo soli, smarriti e orfani.

Piccolo

Se io accetto di entrare in relazione con Gesù, di fare mia la sua strada, io divento uno in cui il Padre e il Figlio mettono la sua dimora, a cui trasmettono la loro stessa vita. Non devo più andare a cercare questo Dio chissà dove, ma io stesso divento sua dimora.

Savone

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26 Luglio 2024 Matteo 13, 18-23

La Parola non deve essere inscatolata nelle mie convinzioni e nei miei modi di pensare la vita, la Parola può essere solo amata e da amata riversata sui fatti della nostra esistenza.

Così, libera dai nostri incubi sanati dal suo amore, farà rinascere germogli di verità anche nel nostro quotidiano.

PG

Giuro che io salverò la delicatezza mia
la delicatezza del poco e del niente
del poco poco, salverò il poco e il niente
il colore sfumato, l’ombra piccola
l’impercettibile che viene alla luce
il seme dentro il seme, il niente dentro
quel seme. Perché da quel niente
nasce ogni frutto. Da quel niente
tutto viene.
Mariangela Gualtieri

25 Luglio 2024 Matteo 20, 20-28

Ci sono molti che amano occupare gli ultimi posti

per “ESSERE DETTI” che non sono come quelli

che invece amano occupare i primi…..

Gli ultimi posti che si occupano nella dimensione fisica

non sempre corrispondono agli ultimi posti

che invece è necessario occupare nella dimensione spirituale….

Chi si siede agli ultimi posti per primeggiare,

in fondo mostra una superbia peggiore di chi si si siede al primo posto …

Mentre il secondo pecca solo una volta, e pecca solo per superbia,

il primo ahimè pecca due volte: e di superbia e di ipocrisia…

Soren Kierkegaard

24 Luglio 2024 Matteo 13, 1-9

Nel seme della parola, Gesù racconta la vita che si dona, l’esistenza che desidera portare frutto. Dio parla a ogni terreno, si consegna in ogni situazione. Qualunque terreno io sia, Dio continua a gettare in me la sua parola. Qualunque tipo di terreno io sia, continua a consegnarsi nella mia vita. Dio si gioca con me, rischia. Sta in bilico tra la follia e la fiducia, in un modo tale che per me rimane incomprensibile.

G. Piccolo

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