In quel tempo, [Gesù, alzati gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».
Il brano di quest’oggi è ricchissimo di spunti. Ma è soprattutto ricco di tenerezza. Gesù chiede che ognuno dei suoi fratelli a lui affidati dal Padre siano custoditi dal Padre stesso. Gli chiede che li custodisca nel suo nome, sotto la sua ombra, quell’ombra dell’Altissimo che è scesa su Maria e l’ha resa santa, con il suo affetto di Padre che Dio manifesta nei confronti del suo popolo che accarezza e nutre con tenerezza. È un custodire con attenzione tutti coloro che egli ha amato fin dall’origine del mondo. Ed è un custodirli nella verità, perché Gesù, sua Parola vivente ed incarnata, è la verità.
Il custodire da parte di Dio non ha niente a che vedere col custodire in cassaforte qualche cosa di prezioso. Non è un custodire in una cassetta di sicurezza o in qualche sotterraneo segreto. Custodire da parte del Padre non ha nulla a che vedere neppure con il nascondere agli occhi di indiscreti e di curiosi.
Il custodire da parte del Padre nei nostri confronti è ben stigmatizzato nel canto della vigna che troviamo in Isaia (5, 1-2):
“Canterò per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
Sopra un fertile colle.
Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi
E vi aveva piantato scelte viti;
vi aveva costruito in mezzo una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva,
ma essa fece uva selvatica”.
Di fronte a questa bontà del Signore la vigna risponde con uva selvatica. Il Signore che canta il suo cantico d’amore vangando, sgombrando dai sassi il terreno, piantando viti scelte, costruendovi una torre, scavandovi un tino, aspettando i tempi dei frutti.
Di fronte ad una risposta non attesa, dopo averla abbandonata il Signore ritorna a custodire e al capitolo 27 si dice:
“La vigna deliziosa: cantate di lei!
Io, il Signore, ne sono il guardiano,
a ogni istante la irrigo;
per timore che venga danneggiata,
io ne ho cura notte e giorno.
Io non sono in collera.
Vi fossero rovi e pruni, io muoverei loro guerra,
li brucerei tutti insieme.
O meglio, si stringa alla mia protezione,
faccia la pace con me,
con me faccia la pace!
È il Signore che ci custodisce nel suo nome e ci custodisce dal maligno con legami di tenerezza e difendendoci nella verità dagli inganni della vita. Il maligno che è presente nella nostra vita anche se noi non ce ne accorgiamo, a parte poi lamentarci delle cose che vanno male non preoccupandoci di comprendere dove è il punto debole del tutto e il punto di forza del male.
Vorrei proporvi come esempio un piccolo brano tratto da “Le lettere di Berlicche”, di Lewis. Un dialogo fra due diavoli che si danno consigli sul come trattare le persone per ingannarle:
“Aggrava quella caratteristica umana che è utilissima: l’orrore e la negligenza delle cose ovvie. Devi condurlo a una condizione nella quale possa soffermarsi per un’ora a fare l’esame di coscienza senza riuscire a scoprire neppure uno di quei fatti suoi personali che sono perfettamente chiari (…).
È naturalmente impossibile impedirgli di pregare per sua madre, ma noi possediamo dei mezzi per rendere innocue le sue preghiere. Assicurati che esse siano sempre assai spirituali e che egli si preoccupi sempre dello stato dell’anima di lei e mai dei suoi dolori reumatici. Ne seguiranno due vantaggi. In primo luogo la sua attenzione sarà tenuta su quanto egli considera i peccati di sua madre. E, con un poco di manovra da parte tua, egli può venire indotto a ritenere tali quelle qualsiasi azioni di lei che gli siano scomode e che lo irritino. Così potrai continuare a fregare le ferite della giornata e a renderle un poco più dolorose perfino mentre sta pregando in ginocchio. L’operazione non è per nulla difficile e la troverai assai divertente. In secondo luogo, dal momento che le sue idee intorno all’anima di sua madre saranno incomplete e spesso errate, egli, in qualche modo, pregherà per una persona immaginaria, e sarà tuo compito rendere quell’immaginaria persona ogni giorno meno simile alla madre vera: quella vecchia signora che a tavola ha una lingua quanto mai tagliente. Col tempo potrai ottenere che la separazione sia tanto vasta che nessun pensiero, nessun sentimento possa traboccare dalle sue preghiere per la madre immaginata nel suo modo di trattare la vera. Alcuni miei pazienti erano diventati così maneggevoli che in un attimo si riusciva a girarli dalla preghiera più spassionata per l’anima della moglie o del figliuolo alle battiture o all’insulto della vera moglie e del vero figliuolo senza neppure l’ombra di uno scrupolo”.
Ecco un esempio dove la preghiera di Gesù “custodiscili nel tuo nome dal maligno” è un tocco di attenzione e di tenerezza. Esempi per cui il richiedere ogni giorno al Padre che ci liberi dal maligno nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, diventa una preghiera profondamente concreta e reale.
Si è così tanto preoccupati di «non essere del mondo» da perdere di vista che il mandato di Cristo è «essere nel mondo».
E così, piuttosto che essere «non del mondo» si finisce solo con l’essere «fuori dal mondo».
Il che, volendo vedere, è un vero fallimento per il cristiano.
E se “il mondo” dice a un cristiano che è «fuori dal mondo» non è una persecuzione.
È un aiuto a tornare ad essere ciò che è.
Appartenente a Cristo, nel mondo.
Cristiano Mauri
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