Giovanni 19, 31-37
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Chi o Signore è in grado di comprendere la grandezza del tuo amore amante e spezzato per noi dalla lancia? Chi di noi o Signore è in grado di comprendere la forza rivoluzionaria di questo tuo ultimo gesto prima di lasciare questo mondo? Un gesto che tu non hai subito! Un gesto dove tu non eri l’oggetto di una violenza ma il soggetto di un gesto d’amore. Chi può comprendere o Signore?
Di fronte ai problemi del mondo e alle ingiustizie nelle quali il mondo naviga e naufraga, vien proprio da dire che non c’è risposta, non c’è via d’uscita. Di fronte alla fame, alla violenza, all’oppressione, all’ignoranza non c’è risposta. Io non so cosa fare. Un po’ alla volta sto imparando a compiere solo un gesto: quello di amare. Non conosco altra risposta, non conosco altra soluzione, non conosco altra rivoluzione.
Tu mi dai l’unica risposta vera e possibile: la risposta del tuo cuore squarciato. E di fronte a questa risposta non importa degli scettici, degli arrivisti, di quelli che ti guardano con un sorrisino ironico, di quelli che pensano che sei fuori dal mondo e dalla realtà. Mi convinco sempre più che, più sono fuori dalla realtà e più sono dentro nel tuo cuore e nel cuore del fratello che sono le uniche due vere realtà, che poi sono una sola perché il tuo e il nostro cuore, sono un cuor solo e un’anima sola.
Ne “I miserabili” di V. Hugo, il Senatore nel suo discorso al Vescovo Bienvenu ad un certo punto afferma: “Che cosa posso fare su questa terra? Ho da scegliere: soffrire o godere. Dove mi porterà la sofferenza? Al nulla. Ma almeno avrò goduto. La mia scelta è fatta. Bisogna mangiare o essere mangiati. E io mangio. Val meglio essere il dente che l’erba. Questa è la mia sapienza (…) il risultato è sempre il nulla. (…) Non mi faccio abbindolare dalle frottole. Però ci vuol bene qualcosa per quelli che stanno in basso, per i pezzenti, per i morti di fame, per i miserabili. Gli diamo da mandar giù le leggende, le chimere, l’anima, l’immortalità, il paradiso, le stelle. Chi non ha nulla ha il buon Dio. E’ il meno che possano avere. Il buon Dio è buono per il popolo.”
Gesù il racconta frottole, invece dice: “Ti benedico Padre Signore del cielo e della terra perché ai piccoli hai rivelato queste cose…” sono questi piccoli, affamati e assetati di giustizia che sanno comprendere e amare. Non i conti o i marchesi, non chi ha fatto la sua scelta di mangiare. Non coloro che tengono tutte le ragioni di questo mondo, riescono a lasciarsi amare dal Cuore trafitto, ma coloro che ragioni non ne hanno. Non i farisei convinti della loro rettitudine di vita, ma i peccatori che riconoscono la loro cecità. Non chi ha una propria logica di vita basata sul mangiare gli altri piuttosto che lasciarsi mangiare, ma chi è talmente debole da…
Gli affaticati sono attratti dal Cuore trafitto. Coloro che non ne possono più della vita, coloro che non riescono più a gustare nulla, coloro che non sentono più nulla. Gli affaticati. Coloro che riconoscono la loro incapacità a continuare nella vita e si lasciano amare da quel Dio che si fa soggetto nel lasciarsi trafiggere il cuore. È vero: chi ama deve accettare che prima o poi il suo cuore sia trafitto dal tradimento o dall’incomprensione o dalla non gratuità dell’amato/a. Amare significa essere sinceri, non far capire le cose all’amato/a, ma dire, comunicare le cose all’amato/a. Comunicare le proprie possibilità e le proprie incapacità.
Forse una delle più grandi paure a comunicare, è la paura di comunicare fra l’uomo e la donna. La donna desidera che il suo uomo comunichi, ma il più delle volte desidera che comunichi quello che lei vorrebbe sentire; l’uomo sente questo suo desiderio e ne ha paura, si chiude e non parla a causa di questa paura e la donna pensa che lui non voglia dirle le cose. L’amore è quello che ci fa fare il salto di qualità.
Le mezze verità comunicano falsità, creano sospetto, provocano rancore e delusione e diventano fonte di divisione e di allontanamento fino allo spegnimento dell’amore, dell’entusiasmo e dell’amicizia. Accettiamo la nostra fatica e lasciamoci amare in verità, scopriremo che il giogo del Signore è leggero!
La vera risposta sia condividere quello che abbiamo, accettando lo smacco del nostro limite e della nostra povertà che non ci permettono di condividere tutto. Forse con lo stomaco più vuoto ma con il cuore e la mente più piena, riusciranno a riscattare maggiormente la loro libertà.
Purtroppo o meno male, noi funzioniamo così: fino a che uno non decide di voler essere libero, nessuno lo potrà liberare al suo posto.
Ogni amico del Sacro Cuore deve riprodurre questo divin Cuore in un modo speciale e diverso secondo l’attrattiva e il grado della grazia che gli è stata data. In tutti, però, deve vivere il Sacro Cuore, questo Cuore che sempre ama e sempre si immola; questo Cuore che dimentica sempre se stesso e non si stanca mai di donarsi; questo Cuore che pur essendo un cuore d’uomo è anche il cuore di un Dio; questo Cuore che non ha cessato mai di offrirsi e di consacrarsi per noi e a noi, e che è il primo, il più bello e il più grande di tutti i cuori di oblati e di vittime d’amore.
L. Dehon
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