Luca 6, 39-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Siamo ciechi! Siamo ciechi ogni volta che non riusciamo a vedere la trave che c’è nel nostro occhio e vediamo bene la pagliuzza nell’occhio del fratello.
Siamo ciechi! Siamo ciechi ogni volta che siamo convinti che le cose possano cambiare se noi evidenziamo la pagliuzza nell’occhio del fratello. Se così fosse, la politica italiana sarebbe la più virtuosa. Se così fosse, la dinamica religiosa del riprendere continuamente l’altro per la sua moralità, avrebbe portato la chiesa a livelli superlativi.
Siamo ciechi! Siamo ciechi ogniqualvolta che non approfittiamo della misericordia del Padre. Siamo ciechi ogniqualvolta pensiamo, ed agiamo, mettendo in atto vendetta anziché perdono, amore meritocratico anziché amore vero e gratuito.
Siamo ciechi! Siamo ciechi ogni volta che non vogliamo essere come il nostro Maestro che morendo in croce ha perdonato ai suoi uccisori e al ladrone crocifisso con Lui.
Siamo ciechi! Siamo ciechi ogniqualvolta non desideriamo essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli, perfetti nella misericordia. Perfetti che cercano la perfezione, tutt’altra cosa rispetto a un blando e farisaico perfezionismo sempre illusorio.
Siamo ciechi quando ci accontentiamo, sterilmente, di giudicare i fratelli anziché di accompagnarli. Siamo ciechi ogniqualvolta pensiamo di potere conoscere la realtà guardando il peccato altrui, anziché agire sempre e solo per misericordia.
Siamo ciechi quando non vigiliamo sul nostro agire improntato più alla vendetta che al perdono, più alla maledizione che alla benedizione, più all’accumulo che alla condivisione, più all’amore meritato che all’amore gratuito, più al dare per ricevere con interesse che al dare dimenticandoci del dono, più al giudizio e alla condanna che al perdono e alla misericordia.
Diceva Papa Giovanni: bisogna sempre condannare il peccato, mai il peccatore, forse ci siamo dimenticati di questa piccola lezione di misericordia.
Siamo ciechi quando pensiamo che gli ipocriti sono gli altri, e vediamo il loro errore e il loro peccato, e non vediamo il nostro, dimostrando in tal modo tutta la nostra cecità e il nostro essere ipocriti con la pretesa di condurre gli altri su cammini di vita, mentre sono cammini di morte.
Siamo ciechi quando pensiamo che la morte sia la fine di tutto e non ci accorgiamo che ogni morte in natura è per la vita, è per un’altra vita. Perché la morte è nutrimento se solo accettassimo che tutto ha un termine, un termine che non è mai una fine definitiva, ma un termine di resurrezione e di dono vitale per il prossimo. Siamo ciechi quando pensiamo che tutto finisce con noi e non ci preoccupiamo di donare una discendenza quanto invece di rimanere a galla noi il più possibile, magari consolandoci con un cane o un gatto che tengono compagnia, ma che segnano un confine di disperazione sempre più grande, spacciato per amore per gli animali.
Siamo ciechi perché non ci rendiamo conto che le risorse della nostra terra sono risorse limitate. Siamo ciechi perché abbiamo messo in atto una guerra commerciale sotterranea per accaparrarci più risorse possibili. Ma sappiamo che per quanto sia tanto il petrolio e il gas finiscono, come finisce l’acqua che inquiniamo, come sappiamo che l’aria che respiriamo nelle nostre città, ma anche sulle nostre montagne, è sempre meno buona e ci rende sempre più asfittici senza che ce ne accorgiamo.
Siamo ciechi perché di fronte alla finitezza delle risorse noi rispondiamo con l’infinità dei nostri rifiuti e diventiamo matti per riconfermare la legge della crescita economica infinita, legge fasulla che continuamente mostra tutti i suoi limiti. Ma noi continuiamo a fidarci di lei e la invochiamo come una dea che ci possa salvare dalla povertà e dalla mancanza di lavoro.
Viviamo ciecamente in una sbornia di consumo dove la riserva di risorse si sta svuotando mentre il buco della discarica si sta riempiendo e ciecamente noi continuiamo a correre sempre più in fretta verso la distruzione. Non sappiamo nemmeno ringraziare la crisi che un po’ ha rallentato questa nostra corsa folle.
Siamo ciechi: illuminaci tu, o Signore, e ridonaci la vista, la tua vista di misericordia.
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18 Settembre 2024 Luca 7, 31-35
Alla inappetenza diffusa dei valori – che realmente possono liberare e pienificare l’uomo – corrispondono appetiti crescenti di cose – che sempre più lo materializzano e lo cosificano e lo rendono schiavo.
Giuseppe Dossetti
Dobbiamo riconoscere che anche oggi potremo avere infinite occasioni per smettere di fare i capricci e imparare a riconoscere il tempo in cui è necessario danzare e quello in cui occorre suonare un lamento. Per essere finalmente un po’ in pace con il cielo e con la terra. Magari pure con noi stessi.
R. Pasolini
17 Settembre 2024 Luca 7, 11-17
Dio è seduta e piange,
la meravigliosa tappezzeria della creazione
che aveva tessuto con tanta gioia è mutilata,
è strappata a brandelli, ridotta in cenci;
la sua bellezza è saccheggiata dalla violenza.
Dio è seduta e piange,
ma guardate, raccoglie i brandelli,
per ricominciare a tessere.
Raccoglie i brandelli delle nostre tristezze (…)
Dio è seduta, tesse con pazienza, con perseveranza
E con il sorriso che sprigiona come un arcobaleno
sul volto bagnato dalle lacrime.
E ci invita a non offrire soltanto i cenci
e i brandelli delle nostre sofferenze
e del nostro lavoro.
Ci domanda molto di più;
di restarle accanto davanti al telaio della gioia,
e a tessere con lei l’arazzo della nuova creazione.
M. Riensiru
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P. Spoladore