6 Ottobre 2024 Marco 10, 2-16

Giovanni Nicoli | 5 Ottobre 2024

Marco 10, 2-16

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Il vangelo di oggi è costituito da un episodio in cui a Gesù si avvicinano dei farisei e lo interrogano e da un episodio in cui a Gesù vengono portati dei bambini per ricevere da lui la benedizione. Questo avviene mentre Gesù, in cammino verso Gerusalemme, continua a insegnare.

Gli si avvicinano dei farisei per “metterlo alla prova”. Lo interrogano per tendere un tranello. Lo interrogano su una questione di liceità o meno del ripudio. Gesù non sottostà alla domanda, ma controinterroga i suoi interroganti. Questo metodo dice che l’interesse di Gesù è la verità delle persone che incontra. Emerge il differente approccio dei farisei e di Gesù al delicato problema del matrimonio, dell’amore dell’uomo e della donna. I farisei interrogano Gesù su una questione di liceità: “È lecito?”. La mentalità rischia di ridurre la relazione dell’uomo con Dio e con gli altri a una questione di liceità o meno. Se le leggi sante, le leggi della chiesa lo consentono, allora “sono a posto con Dio” e con la coscienza. Gesù pone invece il problema sul piano della relazione con Dio e con l’altra persona.

Diverso tra Gesù e i farisei è anche il modo di leggere la Parola per trovare luce per la questione sollevata. Gesù chiede che cosa abbia loro comandato Mosè. Loro rispondono che Mosè ha permesso di scrivere un libello di divorzio e di ripudiare la moglie. Ma Mosè si riferisce al ripudio come a un fatto, non come a un diritto, e la lettera di ripudio è un documento che difende i diritti della donna ripudiata. Era una sorta di misura di protezione della donna ripudiata.

L’atteggiamento di Gesù si oppone al letteralismo, risale alla volontà del legislatore, prendendo sul serio la coscienza dell’uomo: eleva il discorso al piano della relazione e della responsabilità personale. Se i farisei fanno proprio il punto di vista dell’uomo che vuole ripudiare la moglie, Gesù risale all’origine dell’unione dell’uomo e della donna, al momento in cui i due si uniscono decidendo di fare una storia insieme. Ciò che è essenziale è imparare l’amore come fatica, come lavoro, come storia. È importante passare dall’innamoramento al vivere insieme con un’altra persona.

L’amore che ha scelto i due deve divenire l’amore che i due scelgono facendo divenire storia il loro incontro: allora l’amore diventerà pazienza, ascolto, perdono, attesa dei tempi dell’altro, sacrificio, attenzione, sopportazione, riconciliazione. Diventerà un amore più intelligente e fedele. Fedele perché intelligente. La fedeltà è infatti costitutiva del matrimonio cristiano che si fonda sulla fedeltà il Dio. Ma questa unione fedele è permessa da un distacco. L’unione dell’uomo e della donna comporta il lasciare padre e madre. C’è una separazione concreta e profonda da attuare nei confronti dei propri genitori per acquisire libertà nei loro confronti, per un rapporto non di dipendenza ma di libertà, gratuità e gratitudine.

Nelle parole e nell’atteggiamento dei farisei noi vediamo la storia distorta di usanze, leggi e norme che nascono con un fine buono, ma che con il passare del tempo vedono pervertito e stravolto il loro senso. L’abitudine e la ripetitività le distolgono dal loro senso originario. Gesù però non abdica alla propria intelligenza e alla propria creatività, non si adagia sul già detto, sul già noto. Pone in tensione l’uomo e Dio dicendo che l’uomo non separi ciò che Dio ha unito. Gesù sa cogliere che la logica della legge è anche una logica di condiscendenza, che mitiga la volontà originaria di Dio a causa della durezza del cuore umano.

Durezza di cuore altro non è che la non volontà di ascoltare la parola di Dio. La durezza di cuore è di chi non ascolta. Ancora una volta Gesù è interessato non a una questione teorica, ma alla verità delle persone che ha davanti. Dalle domande dei suoi interlocutori Gesù risale alla verità dell’interlocutore, come se le domande che gli vengono poste siano sempre anche una rivelazione della persona che ha davanti.

Di fronte alla questione del ripudio, Gesù non emette sentenze ma compie un annuncio, l’annuncio rigoroso ed esigente che emerge dalla volontà di Dio. Un annuncio che la chiesa è chiamata a ripetere guardandosi dal cadere nella logica dei farisei del nostro testo. Logica che rischia di condurre a ergersi a giudice del mistero grande della situazione matrimoniale di due persone e di fare delle parole di Gesù un’occasione di condanna per chi ha fallito.

Oggi vengono portati a Gesù dei bambini perché lui li benedica. I discepoli reagiscono rimproverando coloro che hanno portato i bambini. I discepoli si sentono contrariati e credono di dover difendere Gesù da questa iniziativa che loro giudicano un’invasione. Intervengono contrariati pensando di interpretare il pensiero di Gesù. In realtà proiettano il loro sentire su Gesù. Gesù si arrabbia con i discepoli ordinando loro di non ostacolare i bambini e di lasciare che vadano a lui. Perché? “Perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio”. Gesù abbraccia i bambini, li benedice e pone le mani sul loro capo. Li prende in braccio attirando a sé, pronuncia parole di benedizione, impone le mani prolungandosi verso i bambini.

L’atto benedicente non è un accaparrarsi l’altro. Gesù attira a sé e si protende verso l’altro, riceve e dona. Con i gesti e le parole Gesù benedice. Gesù non dice che il Regno appartiene ai bambini, ma a chi è come loro. C’è una relazione visibile tra Gesù e i bambini e una, invisibile, tra chi è come i bambini e il Regno di Dio. Qual è la qualità presente nei bambini che fa sì che a chi è come loro appartenga il Regno di Dio? Qual è questa qualità che si trova anche in adulti?

Gesù parla di accogliere il Regno e poi di entrarvi. Le due immagini escludono l’atteggiamento di possesso e di pretesa. Non si tratta di prendere il bambino come modello per l’adulto, ma di cogliere che la figura del bambino è legata all’accoglienza. La qualità dell’infanzia e dell’accoglienza non sono dell’ordine dell’avere, ma della mancanza e dell’apertura all’altro. È come se Gesù dicesse che c’è del bambino anche nell’adulto e che il Regno di Dio va incontro a questa qualità d’infanzia che rimane anche nell’adulto. Il Regno di Dio si offre all’uomo facendosi strada a partire dalla mancanza che definisce l’uomo stesso e che accende il suo desiderio. Il Regno di Dio si è fatto vicino a noi, potremmo interpretare così il testo: “Lasciate venire a me il bambino che è in voi, perché il Regno di Dio gli appartiene”. Siamo ancora di fronte a quel movimento di ricerca della verità delle persone che Gesù incontra. C’è una dimensione di infanzia non spenta in ogni adulto che si fa capace di accoglienza. Non mette alla prova, non inganna, non pone ostacoli: è terra vergine su cui Dio può regnare.

“Due sposi, nel giorno del matrimonio, non dovrebbero promettere di stare insieme per sempre, ma di tenere per sempre vivo l’amore: è questo che consente loro di crescere”.

Borsato

 

 Dite: è faticoso frequentare i bambini.

Avete ragione.

Poi aggiungete:

perché bisogna mettersi al loro livello,

abbassarsi, inclinarsi,

curvarsi, farsi piccoli.

Ora avete torto.

Non è questo che più stanca.

E’ piuttosto il fatto di essere obbligati

ad innalzarsi fino all’altezza

dei loro sentimenti.

Tirarsi, allungarsi,

alzarsi sulla punta dei piedi.

Per non ferirli.

Janusz Korczak

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