4 febbraio 2023 Marco 6, 30-34

Giovanni Nicoli | 4 Febbraio 2023

Marco 6, 30-34

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.

Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

 

La solitudine è un dono di Dio che ci chiama in disparte per riposarci un po’ dalla complessità della nostra esistenza moderna e dalla ridda di pensieri e preoccupazioni che abitano le nostre giornate.

La solitudine non è fuga mundi, non è un fuggire dal mondo. La solitudine è fare ordine in casa propria, un ricentrarsi sull’essenziale perso e sperso nelle steppe delle miriadi di cose che ci circondano e che attraggono e abbagliano la nostra attenzione.

La solitudine non è mica una follia: è indispensabile per stare bene con se stessi e con gli altri.

L’isolamento è un fuggire dagli altri, è un nascondersi, è un evitarli, è un individualismo che ci tormenta ancora più delle cose che ci assalgono.

La solitudine è uno staccare la spina per fare chiarezza nei propri sentimenti e nei propri desideri. La solitudine è silenzio e contemplazione.

Silenzio dai rumori esterni ed interni. Contemplazione di quello che ci passa sotto gli occhi ogni giorno di umano e di naturale, a cui non facciamo mai caso.

Solitudine è permettersi di sentire la voce che sa e che grida, per lo più inascoltata, dentro di noi.

La solitudine è semplificare la propria esistenza.

La solitudine è uscire dalla complicazione del mondo moderno che provoca frustrazione e impotenza, per riappropriarci del mondo, del nostro mondo che noi possiamo plasmare e costruire. La solitudine è ritrovare la propria appartenenza a se stessi, al mondo, agli altri, a Dio.

La solitudine è uscire dal disorientamento, dal sentirsi persi nel fare semplicemente il proprio dovere al lavoro, nel disinteressamento generale per la vita, dall’isolamento così legato al senso di inutilità che ogni giorno quando ci svegliamo ci assale.

La solitudine ci permette di riportare il problema della nostra esistenza all’essenziale ponendoci le domande di fondo e cercando la risposta a queste e non al mondo interno o all’universo.

Cogliere l’essenziale per non perderci nel caos del superfluo, ecco la richiesta di Gesù che ci invita: “Venite in disparte in un luogo solitario, e riposatevi un po’!”.

Proprio per questo gli apostoli si riunirono intorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato!

Riconoscono che è bello potersi riunire intorno a Gesù e potergli raccontare quanto è avvenuto, quanto abbiamo fatto, quanto siamo riusciti a realizzare.

È bello potere avere il coraggio di perdere del tempo per raccontarsi, per dire quanto stiamo vivendo, per dirci gli avvenimenti salienti della nostra giornata e della nostra settimana. È bello avere questo coraggio di spendere del tempo oggi dove il tempo sembra essere il bene più prezioso che non basta mai.

Lo riconoscono come un dono questo e lo riconoscono come un dono bello per chi ce l’ha. Un dono da condividere. È un dono che non mi è proprio, ma del quale intuisco tutta la bellezza e il calore. È uno stare intorno ad un camino acceso in una baita in montagna in una serata invernale: tutto è freddo e fresco, ma il calore del fuoco crea relazione.

Se vogliamo evitare i pericoli della popolarità, non dobbiamo lasciarci travolgere dall’entusiasmo viscerale e acritico che fa perdere il senso del limite e dà i fumi alla testa. L’antidoto è la solitudine e la preghiera.

Lino Pedron

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