5 Agosto 2024 Matteo 14, 13-21

Giovanni Nicoli | 5 Agosto 2024

Matteo 14, 13-21

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.

Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».

E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

È ora che il popolo cristiano si svegli, riscopra la propria chiamata, comprenda di nuovo il grande servizio che è chiamato a fare per il mondo, e creda di nuovo al miracolo. Il miracolo non è uno strappo alle leggi della natura, ma è uno strappo alle leggi del potere e dell’economia. Il miracolo che attendiamo è la liberazione da leggi inique che sono impossibili da realizzarsi e che, però, lanciano continuamente gli uomini in sfide sterili, impossibili ed inutili.

Facciamo un esempio: la nostra economia se non riprende a crescere genera deflazione e mancanza di lavoro. Questo è quanto avviene. La ricetta è: l’economia deve riprendere a crescere. Come se il problema della non crescita, che è la malattia, potesse essere guarito dalla medicina della crescita. Crescita che non può ripartire perché il sistema è malato.

La legge della crescita del mercato come cosa infinita necessita di due atteggiamenti diffusi ma disumani allo stesso tempo. L’atteggiamento della competizione dove il più forte vince sul più debole e al più debole fa pagare le conseguenze di questa debolezza. E l’atteggiamento dell’accumulo infinito che significa: tutto ciò che ho non mi basta mai.

Sembra che l’Italia sia un paese povero perché il PIL non cresce. La legge del più forte, della competizione e dell’accumulo portano al più grande peccato mondiale: ad avere una schiera di morti di fame e una schiera di obesi a causa del cibo di ogni tipo.

La rivoluzione del cristiano, cioè il miracolo, nasce dal rivoluzionare questo sistema iniquo che avvelena la nostra esistenza. E la rivoluzione è cosa quotidiana e comunitaria: passare dalla logica dell’accumulo alla logica della condivisione. Questo è il miracolo, quello vero. Ed è un miracolo di obbedienza, quella vera, che ci vede protagonisti di fronte a Gesù. È il miracolo dell’uomo di fede che obbedisce alla vita, a Gesù, anziché alle leggi del mercato.

Oggi Gesù si ritira in un luogo deserto, in disparte, a causa di un dolore: Giovanni Battista è stato decapitato dal capriccio del potere politico. Mentre si ritira addolorato incontra la folla affamata e sente compassione. Gesù vive il silenzio del dolore e in questo silenzio vede e ascolta la folla, vede il proprio dolore non isolandosi dalla vita ma affinando il suo udito.

Nel silenzio ascolta il bimbo che muore di fame e lo vede. Nel suo silenzio pulisce il suo sguardo da quella perversità che uccide il nostro vedere facendoci vedere tutti i difetti di una società dell’accumulo e della competizione non più come virtù, ma come difetti. Se noi vediamo ciò che ci appare come virtù come un difetto, noi possiamo compiere un miracolo: il miracolo di essere liberati dalla schiavizzante legge di mercato che non è per l’uomo ma che usa l’uomo per i propri fini perversi.

A questo Gesù, uomo di fede, che vive nel silenzio lo sguardo nuovo e la conseguente carità compassionevole, noi siamo chiamati ad obbedire. Se noi riusciamo ad ascoltare questo Gesù e ad obbedirvi, noi possiamo compiere il miracolo. Il miracolo che udendo i propri dubbi e le proprie paure va oltre e obbedisce.

Così fanno i discepoli: con poco pane e pochi pesci fanno sedere i 5000. Con quanti dubbi avranno fatto questo. Eppure questo gesto semplice che provoca i nostri dubbi, il dubbio ma come faranno a bastare per tutti, diventa gesto miracoloso: è il miracolo dell’obbedienza al Padre, è il miracolo del riscoprirsi figli. Quando noi ci ascoltiamo come figli e fratelli noi ci mettiamo alla ricerca della condivisione lasciandoci alle spalle la schiavitù dell’accumulo; noi veniamo liberati dalla schiavitù della competizione riscoprendo la bellezza dell’incontro delle diversità.

Siamo chiamati ad essere uomini e donne di fede che, come Gesù, prendono con gratitudine il pane e il pesce e benedicono per questo dono. Siamo chiamati a passare dalla recriminazione che abbiamo troppo poco alla bellezza della benedizione per il poco che abbiamo. Liberi dal disprezzo perché non abbiamo di più, per giocarci nella benedizione per il poco o tanto che abbiamo. Gesù accoglie e benedice ogni cosa, anche il limite, anche il proprio dolore, anche il proprio silenzio, anche la propria fatica. La benedizione per quanto abbiamo è il primo passo per ogni miracolo liberante di moltiplicazione che nasce dalla condivisione. La benedizione è l’inizio della moltiplicazione di ciò che non è sufficiente. Sappiamo che nello spirito dell’accumulo ciò che abbiamo non ci basta mai, mentre nello spirito della condivisione ce ne è per tutti.

Gesù, uomo di fede, spezza il pane e lo dona ai discepoli perché lo distribuiscano. È nello spezzare il proprio tempo, le proprie energie, le proprie capacità di amare, la propria tenerezza che tanti, oserei dire tutti, possono trovare casa e pane e due occhi da incontrare. È nello spezzare il pane che diventiamo uomini eucaristici, che facciamo messa, che compiamo la comunione facendola. Andiamo a messa, ci mettiamo in comunione con Gesù, diventiamo abili ad essere in comunione con i fratelli: siamo uomini del silenzio caritatevole che spezzano il pane col prossimo, fin che ce n’è.

Il poco pane spezzato, attua la comunione del cuore e del corpo di molti. Diventa il vero atto di fede. È infatti nell’eucaristia, nella comunione, nello spezzare il pane, nella condivisione che tra gli uomini il pane si moltiplica e il pesce è per tutti i viventi. Quel pane e quel pesce che accumulati vanno a male, se condivisi fanno bene. Questo è il vero miracolo obbediente per la salvezza del mondo. Un atto rivoluzionario di compassione che dice quanto noi cristiani siamo essenziali a questo mondo.

 

Se ci sentiamo responsabili delle cose, che sono per tutti, possiamo capire il gesto della condivisione. Ciò che viene difeso egoisticamente è perduto, per sé e per gli altri. Ciò che viene condiviso si moltiplica: diventa benessere per tutti, sovrabbondanza.

Luigi Pozzoli

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