14 Giugno 2024 Matteo 5, 27-32

Giovanni Nicoli | 14 Giugno 2024

Matteo 5, 27-32

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.

Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».

Il Signore Gesù ci spinge, ancora una volta, ad avere un’attenzione particolare per il cuore, piuttosto che alle azioni.

Le azioni sono quelle che appaiono di più, che ci preoccupano di più, che si vedono di più sia nel bene che nel male, ma non sono il centro della persona.

Il centro della persona è il suo cuore, un cuore che pulsa e che spinge al bene o al male. Il cuore è il luogo della nostra motivazione di vita e di azione, il cuore è quello che dà sugo al nostro pensare, al nostro agire, al nostro vivere.

Purtroppo tutta la nostra educazione è molto attenta alle azioni esterne e poco al cuore. Tutti noi sentiamo l’importanza del nostro cuore, ma quasi nessuno si preoccupa di educare il proprio cuore e di educare il cuore di coloro che gli sono affidati.

La mancanza di cuore è fonte di delusioni e di distacchi: un uomo che lascia la sua donna, un amico che abbandona l’amico.

Per educare il cuore è necessario liberarci dalla preoccupazione delle azioni e dell’educazione delle azioni, per dare spazio all’educazione di quello che siamo, di quanto sentiamo, delle nostre emozioni.

La mancanza di educazione del cuore ci porta ad esprimere selvaggiamente quello che abbiamo dentro di noi: sesso, amore, rabbia, rancore, chiusure, musi, opposizioni. Questo tipo di espressione, da noi oggi molto valorizzata in certi campi, diventa un modo per bistrattare noi stessi, anziché per esprimere noi stessi.

Educare il nostro cuore significa ritornare sempre al centro per capire il nostro sentimento, per dare un nome a quello che ci fa male in una situazione ben specifica, significa comprendere ciò che è bene e cercare di esprimerlo. Educare il cuore significa comprendere che non tutto è bene, significa dare un nome ben preciso ai nostri sentimenti, significa non mistificare la realtà.

Fare questo è faticoso e il più delle volte noi abbandoniamo l’impresa perché diciamo essere complicata e cervellotica; in realtà la difficoltà dell’impresa che chiede pazienza e fedeltà per tutta la vita, ci fa recedere di fronte ad un compito che per noi e gli altri sarebbe essenziale.

L’educazione del cuore ci porta a liberarci dai pregiudizi e dai giudizi affrettati. L’educazione del cuore fa nascere in noi l’innamoramento per la vita. L’educazione del cuore fa emergere le nostre paure, quelle paure dietro alle quali spesso ci nascondiamo per non prenderci sul serio e per volare basso.

Sento che questo argomento avrebbe bisogno di un ulteriore approfondimento che intanto non riesco a compiere, ma che rimane nell’orizzonte della continua ricerca.

L’individuo, da Gesù, è concepito come valore assoluto ed unico. Gesù sposta l’attenzione dall’occhio, che vede, al cuore, che concupisce. L’occhio cattura e mette nel cuore ciò che interessa; al cuore interessa ciò che l’occhio cattura e gli mette dentro. Una fedeltà che non sia dell’occhio e del cuore è un sepolcro imbiancato. Educare il cuore, significa uscire da questa ipocrisia.

L’uomo con le sue leggi propone il divorzio e l’adulterio salva matrimonio, come si sente in tante parti; Dio con la sua legge dell’amore propone l’educazione del cuore. Un’azione lunga e faticosa, ma comunque un’azione vera nella pazienza e nella fedeltà.

L’occhio per desiderare e la mano per prendere sono all’origine di ogni bene e di ogni male, non solo dell’adulterio. Perché l’occhio e la mano non siano per la morte, bisogna de-cidere, cioè tagliare, ciò che non porta alla vita.

Gli antichi conoscevano la necessità di una custodia dei sensi (non una repressione degli stessi), indispensabile per la custodia del cuore. Se il cuore di chi ama è un giardino cintato, pieno di delizie, un cuore non custodito è un giardino senza recinto e devastato: se ne pasce ogni animale selvatico (Sal 80, 14).

 

Non riconoscere il limite che permette all’altro di essere altro significa fare spazio a quell’animalità interiore che tutto brama e di tutto desidera impossessarsi.

 Luciano Locatelli

 

L’altro non va oggettivizzato, ma va guardato, scoperto ogni istante nella sua novità, va incontrato attraverso un occhio ancora più sottile rispetto a quello fisico, va guardato col cuore, attraverso un punto da cui è impossibile cosificare sé stessi e il mondo, un punto di non dualità, l’Uno.

Avveduto

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