Rinfrancate i vostri cuori

da | 3 Dicembre 2021 | Spiritualità nel quotidiano

Il tempo liturgico di Avvento
si propone di tenere viva la nostra fede e la speranza in Cristo.
Egli è venuto nel tempo – e il Natale ci fa rivivere il mistero
e ritornerà per ricapitolare tutto in Dio.

L’espressione “rinfrancate i vostri cuori” (Gc 5,8) è rivolta dall’apostolo Giacomo ai cristiani della prima generazione i quali attendevano la seconda venuta del Signore. Poiché essa ritardava, una certa impazienza serpeggiava nei loro animi e rischiava di tramutarsi in delusione. L’apostolo mantiene desta questa attesa, anche se non precisa il tempo in cui si realizzerà. Chiede solo di viverla nell’atteggiamento paziente e perseverante. Porta l’esempio dell’agricoltore il quale “aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge” (Gc 5,7).

L’attesa ultima del Signore è uno dei pilastri della fede cristiana: Egli verrà e porrà fine all’avventura umana su questa terra; tutto confluirà nella vita eterna in Dio o senza Lui. Il tempo dell’attesa viene presentato nella liturgia delle ultime domeniche del tempo ordinario dell’anno liturgico e nelle prime di avvento. Ci ricordano che siamo incamminati all’incontro definitivo col Signore e che esso va preparato nella vigilanza in modo da essere trovati pronti. L’attesa, tuttavia, non va vissuta nel timore ma nell’anelito. Deve essere caratterizzata dal desiderio di stare per sempre col Signore. Ecco perché nella liturgia ripetiamo “Vieni, Signore Gesù”, “Vieni, Signore, a salvarci”.

Il desiderio di essere per sempre con il Signore è l’aspirazione di chi crede in Cristo. Il Signore viene per riconoscere il cammino santo dei “servi buoni e fedeli”. Non viene con propositi di punizione verso chi non si è aperto alla sua grazia, ma sempre per portare salvezza. Ciascuno sarà valutato sul suo vissuto, in particolare su come e quanto avrà esercitato la carità verso il prossimo (Mt 25,31-46). Questa sarà il biglietto da visita che diventa il lasciapassare.

Per questo la Chiesa ci esorta a vivere l’attesa in modo attivo e propositivo. Significa ricordare che Cristo è morto e risorto per noi e ci ha aperto la strada che porta all’incontro con il Padre. Significa inoltre che la sua salvezza va accolta e conservata con una vita di piena corrispondenza alla grazia ricevuta nel battesimo. Si tratta di vivere una vita santa: di piena adesione alla volontà di Dio nel quotidiano, di intensa carica di carità diffusa attorno a noi, di impegno condiviso per rendere questo nostro mondo sempre più disposto ad accogliere i valori del Vangelo.

Ma non dobbiamo mai dimenticare che l’incontro col Signore Gesù lo realizziamo ogni giorno. Sono molte le circostanze che ci permettono di incontrarci con lui: la preghiera, l’Eucaristia, la vicinanza ai fratelli soprattutto bisognosi. C’è la via dei Sacramenti e quella del vissuto.
Ogni incontro che viviamo col Signore non è mai definitivo, ma ci permette di prepararci ad esso. Serve per rendere più forte e più autentica la nostra fede, più provata e veritiera la nostra carità, più lungimirante e fedele la nostra speranza.

 Il pericolo è di lasciarci prendere dalla fatica del cammino quotidiano e di perdere di vista la meta che ci attende, per cui ci lasciamo indebolire interiormente, lasciando prevalere i dubbi, le spinte ad allentare l’impegno, ad accontentarci di quanto le circostanze ci offrono. Rischiamo di lasciar venir meno l’orizzonte dell’incontro ultimo che ci ricorda la piena e definitiva comunione col Signore.

Suona opportuno, perciò, l’invito dell’apostolo Giacomo a rinfrancare i nostri cuori, ossigenandoli di nuova carica di fede, di speranza e di carità.

Argomenti: Speranza
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