Tempi di Incontro
Abbiamo tempo, più che spazio, a differenza di prima che arrivasse il virus.
C’è chi si annoia, nel cercare se stesso, e chi si ritrova sempre solo. C’è chi è stretto dentro gli orari familiari adesso più vincolanti, e chi è riuscito ad organizzare con creatività i suoi giorni …
Quello che abbonda (lo diciamo per chi è stato costretto a fermarsi, a stare in casa, non certo per coloro che lavorano fino allo sfinimento per cercare di trovare soluzione e cura ai danni del virus sulle persone) pare proprio il tempo, eppure prima eravamo soliti dire “non ho tempo”.
In un articolo di Civiltà Cattolica, disponibile in rete, ho trovato una riflessione, del gesuita Giovanni Cucci, sul questo tempo che ci è dato in più: “Fare niente. Un’attività preziosa e ardua.” Il riassunto: “Questo momento, caratterizzato da un’interruzione forzata dalla routine, può anche essere un’opportunità per apprendere preziose lezioni. A questo proposito, diverse persone hanno messo in dubbio il significato di questa grave epidemia. Tra le tante idee possibili, vorremmo considerarne una ben nota alla tradizione spirituale, ovvero dedicare tempo a non fare semplicemente nulla. In questo articolo, ci riferiamo ad alcuni progetti di ricerca sperimentale e alle esperienze delle persone al riguardo, e proviamo a mostrare il significato di questa espressione peculiare, che suscita sentimenti contrastanti. Inoltre, questo articolo evidenzia alcuni aspetti che sono alla base di questa strana (in) attività: attenzione, noia, attenzione a se stessi. Un compito difficile, ma indispensabile per esplorare la verità su se stessi. Non fare nulla può essere una maledizione, ma può anche essere un’importante opportunità che è disponibile a nostra disposizione.”
Eppure questo fragile tempo è anche periodo di incontro. Ditemi se non è vero che siete riusciti a risentire persone che non vedevate da tanto tempo. Con i mezzi a disposizione siamo ormai passati alla video chiamata, giusto per vedere oltre che sentire l’altra persona con cui “perdere” del tempo.
È tempo per rapporti familiari da apprezzare, da custodire, in un farsi dialogo che non sia solo sopportazione ma diventi comunione (pur con una conflittualità che non svanisce). È tempo di racconti condivisi di come eravamo, di come vorremmo essere. È tempo di ricordo affettivo di persone che non ci sono più, ora in un tempo oltre, e che ugualmente fanno parte adesso dei nostri “contatti”. Tempo di aperture e chiusure.
È tempo anche di incontro con Dio. Sì, proprio con Lui. E non intendo semplicemente per incontrarlo il buttargli addosso le nostre rituali preghiere. È tempo di incontro più vero, vitale. Dio che non pretende di essere ascoltato, non continua a ripeterci “Io sono qui, parla con me”. È nel segreto, dove ciascuno di noi è senza scuse, spogliato da pretese di onnipotenza. Momento di relazione unico tra la nostra e la sua fragilità che si appartengono. Per questo non ci sono formule che favoriscano un autentico incontro. Sono io con le parole che non so dire, incarnare, e Dio con la sua Parola incarnata che mi rende più facile il colloquio.
È un cammino, una relazione nella quale conoscersi passo passo, con la sua Parola che ci introduce ad una relazione sana con Lui, e perciò salvifica.
Carminati Gianpaolo sci, dehoniano, biblista, vuole proporci, nel video che segue, l’evidente bellezza di questo incontro, nella Parola, con Dio.
Approfittiamone. Abbiamo tempo, oltre che per vedere il video, di trovare momenti per metterci in relazione con la fonte del Tempo della Vita.
“Se il nostro è certamente un tempo propizio, esso non può però risultare affatto favorevole, ma decisamente catastrofico, per chi voglia insistere sul piano culturale, politico, economico, o religioso, lungo vie già del tutto esaurite. Non è cioè affatto propizio per tutto ciò che in ciascuno di noi non vuole trasformarsi, tramontare e rigenerarsi, per tutto ciò che in noi, e nel mondo, è statico, stabilizzato, bloccato nella difesa di identità, ruoli, codici, o forme di potere superati dalla storia. Questo tempo non è per niente propizio per tutto ciò che è guidato dalla paura.
Questo tempo è invece propizio per chi non si senta affatto a proprio agio negli ambienti “ufficiali” tuttora dominanti in questo mondo, tra le loro maschere mortuarie, e non tema perciò che qualcuna di esse si sciolga o si disintegri, e voglia anzi abbandonarle tutte a se stesse, prendere il largo, e avventurarsi nell’ignoto. Questo tempo è insomma propizio per quella parte di noi che ancora viva e creatrice, povera e appunto nascente.”
Mario Guzzi, in “La nuova umanità”, Paoline, 2005.