“Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione.” Sono le parole di Papa Francesco (Evangelii Gaudium”, n.27). Parole che hanno ancora necessità di concretizzarsi nella incarnazione della Chiesa oggi.
Non siamo costretti a ripeterci e questo è vero adesso ma era possibile anche prima.
Facilmente, spontaneamente, diamo per scontato quello che siamo, quello che stiamo facendo, … così ci garantiamo una certa stabilità che invece la nostra storia continua a compromettere. Il vangelo non si adatta alla storia, le da ogni volta una nuova altra luce. E personalmente mi interrogo su come sto incarnandomi dentro la storia.
La nostra situazione oggi non è naturale, né eterna. Può essere che questa convinzione si sia finalmente introdotta in noi e ci apra la mente, il cuore, le mani, ad una responsabilità, ad una cura, prima trascurata se non peggio evitata.
Liberarsi di un passato e rimettersi in un nuovo presente non è buttare tutto. È agire, stare, ora con una possibilità di esserci che è altra. Quanto può ancora ispirarci, darci il suo Spirito, il vangelo che è Gesù! Un soffio di vita che non si esaurisce in una cultura, spinge dove ancora non abbiamo voluto vedere la Vita.
Alla radice dei nostri ingenui pensieri è il crederci, e in effetti metterci, al centro (“tutto ruota attorno a me”), invece di constatare che siamo parte di un tutto, o di un Uno che è Tutto. Anche per la nostra fede è importante che crolli, che cada, che passi, una centralità che ci siamo presi pure nei confronti di Dio. Ditemi se non è vero che ancora ci affidiamo più a noi (una serie di riti e parole e sacrifici) che al suo tocco silenzioso di grazia e misericordia.
Ciò che doveva essere al servizio dell’uomo per permettergli di incontrarsi nella verità di Dio è divenuto strumento imposto, ritenuto assolutamente necessario, ma svuotato e manipolato, per dirci “sono salvo!”. Liberato da chi e che cosa? Mi ritrovo impedito ad adorare Dio in spirito e verità.
C’è un articolo di Francesco Cosentino, su “Settimana news”, in data 17 marzo 2020, dal titolo “Chiesa italiana: un’occasione”.
Quante occasioni, anche questa, per una essenziale, continua, conversione a vivere una fede in Dio che è uscire dalla solitudine di noi stessi. Quando ci sentiamo schiavi non riusciamo, non possiamo metterci in relazione serena da figli, e se non sei figlio sei di nessuno, sei solo.
Joseph Ratzinger, in “Introduzione al cristianesimo”, testo scritto decenni fa, tra le varie riflessioni a partire dalle situazioni di allora su cui poneva l’attenzione sua e della Chiesa, poneva degli interrogativi per cercare di dare una svolta, altre soluzioni, una nuova incarnazione, all’opera di servizio che la Chiesa può offrire … perchè non sia più alimentata una religiosità che semplicemente abbellisce coreograficamente una vita ma non le da radice … e poi frutti. Accettare di lasciarsi modellare dalla vita, e quanto ancora impareremmo della grazia in cui viviamo, è una delle più grandi fatiche che fa ognuno … e che facciamo come Chiesa.
Rivivendo la nostra esistenza dentro la parabola del Padre misericordioso (capitolo 15 del Vangelo di Luca) quando potrà entrarci dentro tutto lo stupore e l’inattesa inspiegabile gioia (con le lacrime che accompagnano momenti come questo) per ciò che avviene, sempre, e ogni volta da capo, senza che come figli abbiamo ancora capito chi siamo e come possiamo vivere?
Parto da me, certo, devo riscrivere la mia esistenza. O forse meglio accogliere un messaggio che viene da lontano e che ho con superficialità ipocrita (giusto per fare ognuno la propria strada) mal interpretato a mio modo, senza davvero accoglierlo.
Quanto “di più” inutile, ma consolante e giustificativo, ho messo tra me e Dio?
Distanza da superare, modalità di partecipazione nuova,… esclusivamente perché Lui fa grandi cose per noi.
Scrivere una nuova storia, un nuovo rapporto con Dio, lasciare che il vangelo scriva la mia vita, è non dover trovare giustificazioni, non dover esibire meriti, ma accogliere una grazia, più grande e partecipativa di una relazione che ho cercato forzatamente io di rendere “utile”, per me, ma non era in effetti ciò su cui costruivo i miei giorni.
Sono fiducioso però, sta già avvenendo, Qualcuno da sempre ci lavora. Il nostro “homo religiosus” (quello vecchio, direbbe san Paolo) sta scomparendo, perché sia più evidente chi la scrive la storia senza “sfruttare” l’altro a proprio piacere.
Non più immagini già viste, già usate, già saccheggiate. Servirà tornare dentro la Luce della Parola, pur rimanendo anche ciechi, per toccare in profondità le svariate tracce di una storia da scrivere con Lui che sta già indicando ciò che rimane di noi: il niente che siamo perché Lui è il Tutto in noi.