Virus

da | 21 Marzo 2020 | Approfondimenti

Crescere non può essere la misura del vivere.

Con questo metro di misura avremmo già tagliato fuori dall’esistenza la non produttività che un po’ tutti siamo, onestamente non facciamo distinguo.

Questo invece spesso il punto di partenza, facilmente tenuto sotto traccia, a volte vistosamente dichiarato e cercato, di ogni intervento economico, politico, religioso.

Sì, anche religioso. E tutto questo “crescere” per che cosa? Questa la domanda che ci ha logorato pur avendo portato dei beni “comodi” alla nostra, intesa in forma possessiva, umanità.

È tempo di scoprire che non puoi più concentrarti sul tuo aumento, sull’allargarti, sul guadagnarci pur sempre qualcosa. L’oggi, tempo bloccato, blindato, che sembra ripetersi da giorni, è ormai eroso, in ogni suo attimo, da un virus subdolo e inaccettabile. Quest’oggi, proprio questa ora della storia, ci riconsegna la non misura (o se volete la necessità di trovare altre misure) del nostro cammino.
Qualcuno pure si domanda: “dove stiamo andando?”. É smarrita la meta e il senso del procedere, forse perché troppo attaccate al nostro modo di vederci crescere, ai nostri metri di misura che sono facili pregiudizi se non peggio già giudizi e condanne.
Le condizioni di questi giorni ci obbligano a fermarci, non poter fare,… solo ad esserci, a stare.
E scopriamo, mi auguro senza le sole paure angoscianti ma con pure una emozione sincera, … e scopriamo con la consapevole accettazione di essere umani, che questo nostro essere è davvero fragile.
Eppure ci siamo, possiamo stare lì, lì dove siamo… in continua attesa di accogliere (una dimensione più accentuata adesso a partire dalla nostra solitudine) viviamo.
La Vita è presente, sempre e comunque, e rimanerci dentro, lo stiamo capendo, non dipende da noi (non è da guadagnare o trattenere, ma custodire), non dipende dal nostro impegno, dalla nostra bravura, dalla nostra posizione, dal nostro ruolo, dalla nostra presunzione, …
Ci è dato solo di averne cura, scrivevo sopra che l’esistenza è da custodire. Aver cura il più delle volte non è produttivo, può essere facilmente perdente (almeno secondo il pensiero e la prassi più diffuse). Avere cura del vivere qui adesso … ce lo aveva anche già mostrato Gesù come.
Ci tocca tornare a perder tempo, ci stanno forzando a farlo, e questo tempo “formativo” ci può facilitare nel comprendere cosa significhi vivere, o meglio, mi ripeto, stare qui ora.
Ho trovato (dentro le angosce che trasmettono in tanti, che però non ci aiutano a prendere le misure del nostro starci dentro la storia) tra coloro che in questo tempo vivono senza pretese, ho trovato due “racconti” (che mi permetto di condividere).
Quanti altri ne potremmo condividere, facciamolo per respirare in modo sano lo spirito della Vita. Sono piccole presenze (quale la loro misura? non vogliono nemmeno farsi metro di misura) che nascono dalla gratuità, una gratuità che colgo come lo stare dentro l’esistenza in punta di piedi… succeda quel che succeda, leggeri, senza aver nulla da chiedere, recriminare, per tutto ciò che si è fatto e si farà.
Aver capito che questo è vivere e realizzarlo con la semplice verità di ciò che si è adesso, in questo qualunque istante, da parte mia è ciò che chiedo di imparare. Ci sono maestri e ancor più testimoni accanto a noi. Non verranno a chiederci nulla, occorre che i nostri occhi e il nostro cuore e i nostri gesti apprendano e accolgano e gustino la loro presenza (e loro non intendono neppure illuminare forzatamente il nostro buio e le nostre paure, amano, lo dicono/fanno e basta, consapevoli di non voler crescere ma di passare, lasciandosi coinvolgere nella Vita).

Apassiti fra Aquilino, 84 anni, della comunità dei frati cappellani presenti all’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo … Ho trovato vari testi, scritti, su di lui. Rimando ad un articolo, qui, che ne richiama altri.
(il testo articolo dell’intervista è anche su “la Stampa”, del 20 marzo 2020)
Ci dice, tra le altre semplice e vive parole:

“Io cerco di infondere un raggio di speranza perché sono realmente speranzoso!
Sono certo che ne usciremo. Cambiati, ma ne usciremo. Dio non ci può abbandonare”. “Ho 84 anni, cosa vuole che me ne importi? Non ho paura della morte. Ho vissuto una lunga vita, ho realizzato tanti sogni, sono pure sopravvissuto a un tumore al pancreas, mi avevano dato sei mesi. Non sto disprezzando la salute che Dio mi dona, soprattutto adesso che vedo quanto essa sia un bene prezioso ma semplicemente dico: Signore, semi vuoi ancora invita che possa essere almeno utile agli altri. Sì, a costo di ogni rischio”.

Berrino Franco, anni 75, epidemiologo, ha scritto sulla sua pagina Facebook alcune riflessioni del suo quotidiano, ripreso dal Corriere

Per lui il segreto è il respiro, la preghiera, …

Ecco, quando leggi e vedi e accogli dentro la ricchezza di queste persone comprendi che non devi arricchirti di altro che non sia la serenità di esserci comunque, anche in questa storia, solo per custodire amore, per essere seme …

Argomenti: Morte | Tempo | Vita
Share This