Il deserto è vuoto, almeno così è nell’immaginario collettivo.
Solo la voce del vento che accarezza le dune o le rimodella,
qualche rumore di animali selvatici,
poche isolate tende di beduini,
qualche carovana che lo attraversa.
Oggi è violato da presenze turistiche che si smorzano col buio.
Partenza dal deserto
Eppure Dio si è servito del deserto in momenti nodali della storia della salvezza. In esso ha condotto il suo popolo in uscita dalla schiavitù d’Egitto. In esso risuona la voce di Giovanni Battista che scuote le coscienze e le dispone alla venuta del messia. Anche Gesù vi è condotto dallo Spirito dopo il battesimo e rimane quaranta giorni e quaranta notti.
Il deserto è contesto ‘obbligato’ per partire o ripartire per una vita nuova. Esso è senza supporti esteriori, per cui o ritrovi te stesso o soccombi. Ti avvolge col suo silenzio e la sua essenzialità e ti rimanda alla tua interiorità. Se ben vissuto, diventa tempo in cui prendere nuova consapevolezza.
Voce che grida
Giovanni Battista sceglie il deserto come luogo della sua predicazione e “la parola di Dio venne su di lui” (Lc 3,2). Fa una scelta difficile da capire, umanamente poco strategica per avere un uditorio numeroso e motivato. Eppure «accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme» (Mc 1,5). Egli ha la consapevolezza di avere una missione da compiere e sceglie di realizzarla nel contesto del deserto, senza troppi calcoli umani, consapevole di svolgere un compito a servizio della gente, in sintonia con le attese di Dio.
Si presenta nell’essenzialità dei mezzi: «vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico» (Mc 1,6). Ha un messaggio da comunicare e lo fa con la robustezza della sua voce, carica di convinzione e di profezia, lo grida a tutti coloro che lo accostano. Non chiede nulla per sé, esorta solamente e offre opportunità di vita rinnovata.
Non sembra essere conosciuto né preceduto da una propaganda che fa accorrere la gente. Agli inviati da Gerusalemme, che gli chiedono: «Tu, chi sei?», risponde in modo disarmante: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore» (Gv 1,19-23). Emerge la sua statura morale. È uomo che si sente strumento di Dio per il bene delle persone. Tanto umile, tanto grande!
Preparare la via
Giovanni ha la chiara consapevolezza di vivere un momento fondamentale della storia della salvezza: stanno per realizzarsi le promesse della venuta del Messia di Dio. I tempi delle profezie sono giunti a compimento: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,27). Sente il dovere di porre la sua esistenza perché Egli sia accolto degnamente nella fede. E lo fa con una modalità inusuale: con l’esortazione e con il battesimo di conversione.
A tutti chiede un cambiamento di vita rapportato alla concreta situazione di ciascuno: essenzialità e condivisione, comprensione verso gli altri soprattutto se nel bisogno, nessuna ritorsione o violenza (Lc 3,10-14). In poche risposte Giovanni indica un radicale cambiamento di vita che sia più orientato al distacco dai beni e al cuore grande verso le persone.
Ratifica tutto con il gesto del battesimo, consapevole del solo significato di purificazione che contiene. Il vero battesimo di santificazione lo donerà il Messia di Dio attraverso lo Spirito.
La via da percorrere
Noi godiamo della venuta del Messia Signore. L’Agnello di Dio che Giovanni ha indicato ai suoi contemporanei, lo abbiamo riconosciuto e accolto nella fede in Gesù di Nazaret. Siamo chiamati a fargli spazio nella vita, a lasciarlo agire in noi attraverso l’azione dello Spirito, con la consapevolezza che aveva il Battista: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,30).
Risentire oggi la voce di Giovanni che grida dal deserto ci rimanda al compito di essere a nostra volta voce che annuncia; ciascuno nella modalità che gli è più consona, rapportata alle caratteristiche personali; tutti consapevoli di avere la missione di essere “profeti” che testimoniano in favore di Cristo, Messia del Padre celeste.
Non siamo nel contesto fisico del deserto vissuto da Giovanni, ma in quello del nostro contesto sociale. Lo possiamo pensare come realtà anche di deserto, per tanti aspetti di aridità umana e spirituale. Siamo chiamati a riscoprire la verità del nostro essere profondo, il nostro bisogno di essenzialità, di autentica adesione ai valori di Dio. E siamo chiamati a ricordarlo ai nostri fratelli e sorelle con cui siamo in cammino.
Tante sono le voci che gridano messaggi; si tratta di discernere quelle che ci dispongono al bene, alla fede, alla crescita in umanità e spiritualità.